‘Vivere o niente’, il nuovo universo musicale di Vasco Rossi

Una nuova uscita discografica di Vasco Rossi, nel bene o nel male, fa sempre notizia e molto rumore. Non fa eccezione questo suo ‘Vivere o niente’, che ha già diviso: c’è chi ha gridato al capolavoro e chi, di contro, ha parlato di un artista arrivato forse a un punto della sua carriera in cui non ha più molto da dire. Dov’è la verità? Difficile dare una risposta: certo è che questo album non è uno dei suoi migliori, ma comunque qualcosa di buono ci si può trovare. Una cosa è innegabile: Vasco fa mondo a sé, e il testo del primo singolo estratto ne è la filosofia esatta.

“In quattro parole: io sono ancora qua, eh già!’, come a dire: le mode e i fenomeni vanno e vengono ma io resisto al di là di ogni tendenza e riesco sempre ad essere sul gradino più alto nella scala di gradimento del pubblico. Come dargli torto? ‘Eh già’ è un brano che ad alcuni è sembrato banale, ma non è così: supportato da un video semplice e immediato, ma emblematico, ha fatto subito colpo senza la minima difficoltà. Nell’epoca in cui gli artisti fanno a gara per avere registi che mettano in opera immagini artificiose, artefatte, in cui sembra emergere quasi più l’attenzione per l’aspetto visivo che non il dato musicale, il Blasco viene proposto in una maniera così tanto essenziale, naturale, a tratti minimalista, da apparire quasi scontato.

Il perno del messaggio musicale (e visuale) attorno al quale tutto ruota è il dare una speranza a chiunque, è il trasmettere ancora quella voglia di esserci, quel legame che si instaura tra artista e pubblico che ‘già’, neanche lo scorrere del tempo riesce a ottenebrare. E Vasco ce lo dice mostrandosi così com’è, in quel video ormai presenza immancabile nei principali palinsesti musicali del teleschermo: un uomo arrivato quasi sorprendendo se stesso di esserci ancora, un uomo che non fa nulla per apparire diverso, un uomo, semplicemente uno di noi. E dopo quelli che gli avevano detto ‘no’, lui ci ricorda che è ancora ‘qua’, per noi.

Il disco offre le varie facce di Vasco: dalle ballate alla sua maniera al rock da ‘inno da stadio’, ma spesso ci si trova di fronte a un’autocitazione che è forse, in alcuni tratti, eccessiva. Addirittura nel brano ‘L’Aquilone’ c’è un richiamo forzato a un autentico capolavoro che era ‘Vado al massimo’: era proprio necessario scomodare paragoni improponibili già in partenza? ‘Vivere non è facile’, che apre il disco, è uno dei suoi migliori momenti. ‘Manifesto futurista della nuova umanità’, ‘Sei pazza di me’ e ‘Non sei quella che eri’ (una probabile ‘Delusa’ parte seconda?) sono puro Vasco rock sound, già pronte per essere cantate all’unisono nei prossimi concerti estivi. Qui però, ripetiamo, l’autocitazione è veramente troppo evidente.

‘Dici che’ strizza l’occhio a un sound internazionale con qualche tocco di elettronica: un tentativo di guardare oltre per non rimanere imprigionati nei soliti suoni? Forse sì, ma riuscito a metà, perché si perde nel ritornello che torna all’antico. Le cose più belle arrivano dalla title track ‘Vivere o niente’ (ottime le liriche in questo caso), ‘Starò meglio di così’ (con qualche tocco di chitarra country inserito in una riuscita ballad), ‘Prendi la strada’ (ci verrebbe voglia di suggerire questa come secondo singolo) e ‘Stammi vicino’, in cui esordisce come autore per Vasco il suo chitarrista Stef Burns. C’è spazio anche per una ghost track: dopo la conclusiva e trascurabile ‘Maledetta ragione’ si trova ‘Mary Louise’, un rockettone tirato contaminato da venature blues.

Nel complesso, ‘Vivere o niente’ poteva rappresentare una via di fuga dai soliti schemi, ma è rimasto tale solo nelle intenzioni: alcuni buoni spunti ci sono, ma manca la zampata vincente, quella che rendeva i vecchi dischi di Vasco piccoli gioielli poi consegnati alla storia del rock nostrano. Un’occasione mancata? Forse, ma finché il pubblico sarà dalla sua parte, Vasco andrà avanti per la sua strada, tracciando in musica quel mondo a sé stante di cui si parlava in precedenza. Non è semplice farsi un’idea sul reale valore di questo disco.

In ogni suo album, dagli anni ’90 ad oggi, Vasco ci ha regalato un gruppo di canzoni che solo a sprazzi ricordano quello che è stato il grande rocker che la maggior parte di noi ha imparato ad amare soprattutto dagli esordi fino a fine anni ’80. Anche ‘Vivere o niente’ non fa eccezione: tante cose già sentite e, purtroppo, pochi lampi di genio. I tempi indubbiamente sono cambiati e, per rimanere al passo con i gusti della gente, le scelte sono in un certo senso obbligate, ma ciò non toglie che forse sarebbe meglio pubblicare quando si ha veramente qualcosa da dire, senza strizzare eccessivamente l’occhio ai propri fans.

  1. 3 commenti a “‘Vivere o niente’, il nuovo universo musicale di Vasco Rossi”

  2. 1 antonio scrive (17 Aprile 2011 alle 14:27):

    giù le mani da vasco….. il cd è un capolavoro …ogni pezzo una storia..tutte diverse …tutte belle…l’unico che da 24 anni vende piu’ di tutti e fa sold out ovunque in europa..ed in italia deve triplicare o addirittura quadruplicare le date negli stadi da 90.000 posti come san siro…sapete solo sputtanare chi è irrangiungibile …sputtanate chi copia le canzoni e li fa quasi tutte uguali come liga ma nn toccate vasco

  3. 2 massimo massoni scrive (17 Aprile 2011 alle 21:03):

    Ma francamente leggendo questa recensione, non riesco proprio a capire,ci sono canzoni in quest’album belle, molto belle,buone. Non so cosa si vorrebbe che Vasco scrivesse. Tornare indietro non è possibile, sprazzi di genio pochi, non direi proprio, le sue canzoni vanno ascoltate più di una volta. Mi sembra invece che in italia quando uno ha successo ci sia la ricerca alle streghe, comincia a dare fastidio bisogna ridimensionarlo, gli stadi sempre piena chhe noia, sai che notizia se non li riempisse più. Be dovrai aspettare non è ancora tempo rassegnati tu e gli altri, per adesso decidamo noi e Vasco resta li a riempire gli stadi, mi dispiace per te

  4. 3 Redazione scrive (18 Aprile 2011 alle 13:55):

    @antonio e massimo massoni: abbiamo eliminato le parolacce dai vostri commenti. Ora sono stati riportati a un linguaggio più consono a quello dei comuni mortali, cioè la maggior parte degli abitanti di questo pianeta, per fortuna!

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