Il primo album di Manupuma: una casa pronta ad accogliere la realtà e la fantasia

Manupuma

Vi avevamo già parlato della cantautrice Manupuma, nome d’arte di Emanuela Bosone, qualche tempo fa in occasione dell’uscita dei suoi primi due singoli “Ladruncoli” e “Charleston”. Adesso continuiamo ad occuparci di lei perché martedì 21 gennaio è uscito il suo primo e atteso (forse anche un po’ troppo) album omonimo di inediti. Di Manupuma sappiamo che ha alle spalle un diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera, una partecipazione a Musicultura 2009, in cui ha vinto il premio “Miglior esibizione”, e anni di gavetta musicale (quella lontana dalle telecamere dei talent-show).

Il disco si apre con “Apocalisse” che, con un ritornello più che coinvolgente, è una sorta di inno a non perdere la speranza, la gioia di ritrovare se stessi e la voglia di agire. Fil rouge, quest’ultimo, che lo si ritrova anche nella curiosa “Ghepardi” in cui, con stile r’n’b, si esorta a non tradire la propria essenza e a non perdere la propria libertà. Ma è nei brani come “Il mio zar” e “Venezia”, entrambi con richiami jazz, in cui Manupuma esprime appieno il suo estro: attimi vissuti, reali o soltanto immaginati, storie o più semplicemente racconti. Testi che non scadono mai nella banalità e nel risentito ma che anzi, forse volutamente, si presentano come inusuali e ricercati, trasudando di intensità (un esempio sono i versi “Non mi dimenticherò di quando sul tuo balcone mi offrivi tartine al salmone” o ancora “Perdo l’anima nell’acqua, mi nascondo nelle calle zuccherine”). In queste canzoni viene raccontata la fine di un amore ma in maniera diversa. Se ne “Il mio zar” c’è la voglia di non piangersi addosso e la creazione di uno spazio mentale in cui la malinconia e i ricordi trovano rifugio, in “Venezia” si descrive minuziosamente un paesaggio reale che porta con sé anche la fine dell’estate.

Con “Sai sai sai” si passa alla descrizione della società, che precedentemente era stata proposta con “Ladruncoli”, e dei tempi che stiamo vivendo: la difficoltà di un lavoro stabile e quindi di trovare una casa e avere progetti per il futuro (es. “Ho l’età per essere madre, ma io vivo in un monolocale, con pochi spiccioli devo svoltare”). “Perdersi perdersi”, invece, che è scritto a quattro mani con Pacifico, è il singolo attualmente in rotazione radiofonica e spicca per la sua capacità di coinvolgere l’ascoltatore. Infine con “Quattro passi” assistiamo ad una vera e propria confessione di un amore giunto al termine e che per questo si può considerare la più emozionante del disco. L’album, che esce per Universal Music Italia, è stato realizzato con il musicista Michele “De Maestro” Ranauro, che ne ha anche curato gli arrangiamenti, e con tanti altri musicisti tra cui Dellera (Afterhours), Davide Rossi, Ferdinando Masi (Casino Royale), e PierLuigi Petris. Per concludere, il disco si presenta come la casa di Manupuma. Una casa con svariate stanze che ci raccontano e trasmettono emozioni e fatti diversi in cui è inevitabile perdersi per poi ritrovarsi. Alla fine dell’ascolto ne siamo così affascinati che abbiamo voglia di perderci ancora. Brava Manupuma, realistica ed immaginaria che viaggia e fa viaggiare.

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