Ladies and gentleman, The Rolling Stones. La recensione di ‘Crossfire Hurricane’

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‘Crossfire Hurricane’: i primi versi del brano ‘Jumpin’ Jack Flash’ danno il titolo al documentario diretto da Brett Morgan sulla band più controversa, irrequieta e lucidamente folle mai esistita, che ha spalancato 50 anni fa la porta principale dell’olimpo del rock e non ne è uscita più: The Rolling Stones. Il lungometraggio, che sarà proiettato solo il 29 e 30 aprile al cinema, raccoglie in due ore concerti, backstage, alcool, disperazione, eroina, emozioni, arresti e tribunali, viaggi ed eccessi da star, raccontando l’ascesa di due ragazzi di Londra che all’inizio degli anni Sessanta hanno capito che insieme avrebbero potuto conquistare il mondo.

E proprio quel mondo con cui si sentivano perennemente in lotta, in poco tempo si prostrò ai loro piedi. Il passo dalle 80 persone del primo concerto alle folle di ragazzine urlanti, agli svenimenti, alle aggressioni fisiche quasi rabbiose, alle fughe dal retro dei locali, alle scommesse tra i Glimmer Twins su quanto sarebbe durato quel live prima che fosse stato necessario l’intervento della polizia per fermare quell’orda di quindicenni impazzite, fu davvero breve. Ragazzi poco più che ventenni si ritrovarono in poco tempo idolatrati come miti senza tempo, adorati come divinità in terra, e quella generazione trovò in loro il catalizzatore di tutta la rabbia, la violenza, la ribellione che sentivano urlare dentro. Ad uno dei tanti giornalisti che li accusavano di essere “sgarbati e maleducati” e di far diventare violenti i ragazzi che assistevano ai loro concerti, Mick Jagger, con la sua aria strafottente da folletto impazzito, guarda dritto in camera e risponde: “Rispondono solo alla violenza della vecchia generazione che vuole controllare la loro vita”. Ha gli occhi sfrontati e bellissimi di chi non ha nulla da perdere, di chi è in continua lotta con il mondo e sa che può vincere.

Il documentario ripercorre cinquant’anni di vita artistica e privata passando attraverso l’olimpo e l’inferno, le urla dei fan che coprivano la musica tanto che Richards ammette di aver suonato spesso il tema musicale di Braccio di ferro “tanto era uguale, non sentivano una sola nota”, e la disperazione e la solitudine della vita quando l’eroina diventò l’unica cosa che scandiva le loro giornate. Emozionanti le immagini che li ritraggono chiusi in una stanza d’albergo dopo un loro concerto, mentre cominciavano a nascere i primi brani della coppia Jagger-Richards, e in cui Charlie tiene il tempo con le mani sul comodino accanto al letto. Intense le sequenze del concerto in Hyde Park, davanti a 250.000 persone, nel luglio del 1969, a due giorni dalla morte di Brian Jones. Come struggenti sono le riprese della notte di Altamont dello stesso anno, dove gli Stones vollero tenere un concerto gratuito e un ragazzo venne accoltellato ed ucciso.

Il lungometraggio è accompagnato dalla voce dei Rolling Stones di oggi, che commentano, ridono, scherzano. “E’ stata una favola”, commenta Richards in apertura. Ma in questa favola niente principi azzurri e dolci fatine, ma spettacolo, eccessi, feste, droghe, sesso, solitudini, fan impazziti, arresti, deliri di onnipotenza, dal paradiso all’inferno e ritorno. “Nelle favole alla fine i cattivi muoiono sempre. Ma non questa volta. Non questa volta” (K. Richards).

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