Sanremo 2013, Il Cile: “Spero che l’ansia non mi faccia brutti scherzi!”

Il Cile - Siamo morti a vent'anni

Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, è un altro degli otto giovani che calcherà il palco del Festival di Sanremo, nella categoria Giovani. In realtà, però, lo conosciamo molto bene dato che, in questi mesi, ha scalato le classifiche radiofoniche con le sue hit ‘Cemento armato’ e ‘Siamo morti a vent’anni’. Successivamente è uscito il suo primo album (Universal), che ha toccato la quinta posizione della classifica FIMI. Adesso è arrivato per lui il momento di confermarsi e imporsi ancora di più sull’intera scena musicale italiana. Lo abbiamo intervistato prima dell’esibizione di stasera che lo vedrà gareggiare con il brano ‘Le parole non servono più’.

Promuovi l’album con tre parole.
Cantautorato, rock, arrabbiato.

Quant’è stata importante la collaborazione con i Negrita?
Il mio produttore è Fabrizio Barbacci, che è il produttore storico della band. Tramite lui, quindi, c’è stata la possibilità di trovarsi prima musicalmente e poi anche umanamente. Di fatto ho collaborato con loro con ben quattro pezzi del loro ultimo album e da lì in poi è nata una grande amicizia. Li ringrazierò a vita, perché mi hanno insegnato molto.

Se ‘Le parole non servono più’, cosa vuoi dire con il brano?
E’ la fine di una storia d’amore. E’ un addio malinconico, consapevole e accettato. Quello che voglio esprimere è una sorta di avviso, di segnale, alla donna della storia: non servono più le parole ma, allo stesso tempo, le consiglio di stare attenta perché la vita è fatta anche di trappole e lustrini.

Cosa ne pensi dei talent show? Puoi dare un consiglio ai giovani che si vogliono avvicinare alla musica?
Non ho nulla contro i talent ma, scrivendo i miei brani ed essendo quindi un cantautore, quel contesto non è molto adatto a me, in quanto privilegia di più l’aspetto interpretativo. Quindi ho preferito fare questa strada, diversa. Ma ci tengo a sottolineare che, in entrambi i casi, affermarsi oggi sulla scena musicale è molto difficile e la concorrenza è sempre più ampia. Il consiglio che posso dare a chi si appresta a fare della musica un mestiere è che occorre sempre essere ipercritici con se stessi e di non fermarsi mai, senza pensare di essere arrivati quando si raggiunge qualche traguardo.

Cosa ti ispira quando scrivi le tue canzoni?
Parto dal presupposto che per me scrivere è una liberazione. E’ una sorta di esorcismo dei miei modi più rabbiosi. Nelle mie canzoni il mio sguardo è sia soggettivo sia oggettivo. Una fonte d’ispirazione è sicuramente anche l’attualità, quello che mi circonda, la crisi che c’è. Forse anche per questo sono un po’ negativo e rabbioso ma prometto che nei prossimi lavori ci saranno altri aspetti di me più sereni e con una speranza per il futuro.

C’è qualche cantautore a cui ti ispiri?
Fin da bambino i miei genitori ascoltavano Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Franco Battiato. Poi, crescendo, ho scoperto il rock, un sound più forte. E così, con il tempo, ho cercato di far confluire le due componenti in un’unica via da affinare sempre di più.

Nel tuo brano ‘Lamette’ canti questi versi: “Fatti mandare dalla mamma a sedare la mia ansia”. Senti dell’ansia per l’esibizione di Sanremo e per quello che seguirà?
(Ride, ndr) L’ansia fa parte della mia vita, direi che ci convivo fin da quando sono bambino. Col tempo ho imparato un po’ a dosarla, ma certamente Sanremo è un bel banco di prova per vedere fino a che punto sono capace di gestirla.

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