Francesco De Gregori tra i tamburelli e gli organetti di Ambrogio Sparagna – Auditorium, Roma

La musica popolare ha radici talmente profonde che ognuno di noi, seppur nato lontano dalle assolate cittadine salentine o dai vicoli di Napoli, sente familiare il rumore del tamburello della pizzica e il ritmo forsennato della taranta. E’ la nostra terra che si muove e che fa sentire che è viva. E l’Orchestra Popolare Italiana, guidata da quel grande menestrello che è Ambrogio Sparagna, ha riportato ancora una volta sul palco, questa volta quello dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, il calore e i colori delle terre aspre del nostro Sud. Menestrello, cantore, maestro concertatore, in completo scuro e con in spalla il suo organetto, Sparagna ieri ha deliziato e divertito il numeroso pubblico accorso, con al fianco ottimi musicisti e tre meravigliose figure femminili.

Valentina Ferraiolo al tamburello, il ritmo, il calore, il cuore del Salento; Lucia Cremonesi alla viola, l’eleganza e la delicatezza, come un soffio di vento sul golfo di Napoli; Maria Nazionale, voce potente e sensuale di tutte le donne del Sud. E se tutto questo non fosse bastato alla creazione di uno spettacolo vivo, coinvolgente e appassionato, al resto ha pensato Francesco De Gregori. Salito sul palco in jeans, scarpe bianche e l’immancabile cappello in testa, lui che senza la sua chitarra sembra sentirsi nudo di fronte al pubblico, lui che cammina sempre un po’ dinoccolato, che quando non canta sta lì, braccia conserte e piede destro che tiene il tempo. Lui che ha regalato un’emozionante versione di ‘Santa Lucia’, in coppia con Maria Nazionale, una sentita ‘San Lorenzo’, e poi ‘Sotto le stelle del Messico a trapanar’, ‘La ragazza e la miniera’, ‘Stelutis Alpinis’, ‘Vola vola’ e ‘Terra e acqua’.

E così, la musica d’autore del principe dei cantautori italiani si sporca, si mescola con le tradizioni popolari delle tarante e, se perde quella sacralità che molti dei suoi brani hanno, si rinnova in suoni che le danno un nuovo splendore. Si spoglia così di tutto la musica di De Gregori e, tra tamburelli, zampogne e organetti, ritrova una forza essenziale e primordiale. Le strade di Sparagna e De Gregori si sono ormai incrociate anni fa e sembrano, seppur proseguendo su binari vicini ma diversi, avere molto piacere a intrecciarsi ogni tanto lungo il cammino. Questo loro sodalizio fa piacere anche a noi, che ci lasciamo trasportare dai ritmi di canzoni che non hanno tempo e che il tempo l’hanno evidentemente battuto, e che guardiamo ammirati ancora una volta Francesco De Gregori. Lui nudo senza la sua chitarra, sempre un po’ dinoccolato, che sul palco se non canta non sa che fare e sembra sentirsi un po’ perso. Poi tira fuori quella sua voce, inconfondibile, raccontandoci la vita. E la magia si compie di nuovo.

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