King Crimson – ‘In the court of the Crimson King’, l’uomo schizoide del 21esimo secolo

Un volto allucinato, stravolto dalla paura, terrorizzato da qualcosa di indefinito e alienato rispetto a ciò che lo circonda: i colori che ne tratteggiano la fisionomia sono caldi e freddi, cupi nel dare maggiore veridicità all’ansia provata da quel volto, che sembra in procinto di urlare, con gli occhi atterriti da qualcosa che lo spaventa. Ciò di cui stiamo parlando è un disegno, ed è quello che campeggia su ‘In the court of the Crimson King’, album del 1969 dei King Crimson, uno dei più grandi gruppi progressive della storia. Il viso stravolto di questa copertina è un’icona che colpisce e stravolge anche chi non sa nulla della band in questione, trattandosi di un disegno che cattura l’acquirente distratto in un negozio di dischi, o un ragazzino alla scoperta dei vecchi vinili del padre, proprio per la sua carica immaginifica, a tratti sinistra.

L’autore della copertina è Barry Godber, artista e programmatore di computer di 23 anni, proveniente dalla Chelsea Art School: il disegno è l’unico testamento lasciatoci dal giovane, che morì l’anno successivo alla pubblicazione del disco. Amico di Pete Sinfield, autore dei testi dei King Crimson, Godber disegnò la copertina di ‘In the court of the Crimson King’ dopo che il paroliere gli fece ascoltare alcuni brani dell’album. Molto probabilmente l’artista deve essersi ispirato proprio alla prima traccia del disco, ’21st century schizoid man’: oltre ad avere lo stesso titolo, basta leggere il testo della canzone per rendersi conto di come l’immagine racchiuda tutta l’angoscia di quelle parole. Un disegno che trasmette una sensazione di asfissia anche in virtù dell’assenza di spazi o vie di fuga: il volto è catturato in primo piano, a distanza ravvicinata, e gli occhi, narici e bocca spalancati non fanno altro che accentuare la claustrofobia del momento. Un ulteriore indizio che conferma come l’immagine sia quella dell’Uomo schizoide del 21esimo secolo è lo sguardo, rivolto a destra.

Proprio in quel verso, aprendo la copertina, si scopre come il disegno continui, e delinei l’orecchio dell’individuo, teso forse ad ascoltare i segnali inquietanti descritti nel testo del brano. Forse è questa la ragione che provoca tale panico nel volto raffigurato? Nella seconda parte della copertina i contorni del viso si perdono, resta solo l’orecchio perso in uno sfondo viola scuro, popolato da piccole sfere. Forse, però, c’è una speranza di fuggire dalla paura del mondo: all’interno della copertina c’è un altro ritratto dell’individuo in questione, questa volta il suo volto è rilassato, fermo in un sorriso quasi serafico, le sue mani composte in una posa meditativa. E’ lo sguardo della follia che si è impadronita dell’uomo, sottoposto allo spavento quotidiano, oppure è il sollievo di essere approdati alla corte del Re Cremisi, rifugio dalle sofferenze (l’ultima traccia dell’album è proprio ‘The court of the Crimson King’)? Forse, Godber ha voluto semplicemente raffigurare le due facce del 21esimo secolo, la follia e la quiete che contraddistinguono la vita dell’uomo, e a cui i King Crimson hanno dato voce e musica.

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