La ‘Padania’ amara degli Afterhours

‘Padania’ è, probabilmente, per gli Afterhours il disco più difficile. Il pericolo di vedere la band allineata a un certo mainstream di facciata era concreto. E la storia degli ultimi anni lasciava, se vista a debita distanza, indizi pesanti (vedi la partecipazione a Sanremo 2009, per dire). Ma per chi ha osservato Manuel Agnelli e soci da vicino, intendiamo da sotto il palco, la fiducia per un lavoro alla loro altezza c’era, eccome.

‘Padania’ è un disco dal sapore amaro, a tratti amarissimo. Lo è sia dal punto di vista prettamente musicale, che sotto il lato espressivo e di approccio. La band, grazie a una nutrita serie di live performance, ha metabolizzato in maniera positiva il rientro in line-up di Xabier Iriondo, innescando nel proprio processo stilistico un aspetto più tagliente, rumoristico e, nella maggior parte dei brani proposti, cattivo. Il suono ci ha guadagnato in fibre muscolari. A contribuire agli scenari sinistri che si susseguono e, come si intuiva dall’artwork del cd, glaciali, ci pensa il violino di Rodrigo D’Erasmo, autentica spina nel fianco di chi cerca nelle quindici tracce proposte un ascolto ‘di compagnia’. C’è poco spazio per le melodie. Un paio di brani, vedi ‘Costruire per distruggere’, entrano di diritto nel songbook della band; per il resto è ostilità aperta. I testi cantati da Manuel Agnelli non prevedono sconti. Nel mirino i media, la società e l’essere umano dei nostri giorni, che corre dietro a un obiettivo che non esiste, o di cui – nella migliore delle ipotesi – non ha bisogno. Li si potrebbe scambiare per benpensanti questi Afterhours, ma poi c’è la concretezza della loro musica a spazzare via i sospetti.

C’è il clima di trincea idealista in ‘Terra di nessuno’, ci sono le movenze disorientanti nell’iniziale ‘Metamorfosi’, c’è l’equilibrio tra suoni aggrovigliati e ritornello potabile ne ‘La tempesta è in arrivo’. La title track è un raro passaggio dove, apparentemente, sembra non accadere nulla di eclatante. Succede che inizia e continua ma, in un ambito così intrigante, si rivela a sua volta come una sorpresa. Perché l’attenzione è catalizzata dalle dissonanze di brani mutevoli come ‘Ci sarà una bella luce’. ‘Padania’ è il disco più difficile non solo per loro, ma soprattutto per chi li ha amati per altre vesti sonore. Ma è, senza mezzi termini, un lavoro maiuscolo, che riflette la luce dei giorni presenti. Tempi moderni, pieni di inquinamento, culturale, ambientale e di pensiero. E la band capitanata da Manuel Agnelli esprime, più che mai, l’esatta sintesi di quello che ci è attorno.

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