‘Lioness: Hidden Treasures’, l’album postumo di Amy Winehouse. Per rivivere la sua arte un’ultima volta

A pochi mesi dalla sua tragica scomparsa è arrivato puntualmente sul mercato l’album postumo di Amy Winehouse, ‘Lioness: Hidden Treasures’. Difficile giudicare questo disco senza farsi trascinare dall’emozione di riascoltare la voce di Amy. Era giusto pubblicare questi ‘tesori nascosti’? La sua famiglia e i suoi storici produttori Mark Ronson e Salaam Remi hanno assicurato che questo sarà l’ultimo lavoro della Winehouse a vedere la luce, e dunque hanno cercato di presentare ai fans quanto di meglio si potesse fare. In circa 45 minuti di musica sono state messe insieme dodici canzoni, fra materiale già edito o precedentemente scartato e versioni alternative di brani già pubblicati in precedenza. Il risultato finale? Sorprendente.

Il tutto, infatti, suona ben assemblato e come se fosse un vero e proprio nuovo album. Il primo singolo estratto, ‘Our day will come’, è un intrigante reggae inizialmente lasciato fuori dalla tracklist di ‘Frank’. Non poteva mancare il duetto con Tony Bennett ‘Body and soul’. Fra le cover presenti, non è particolarmente riuscita quella di ‘Girl from Ipanema’: troppo ingombrante il paragone con la versione originale. Ottima, invece, ‘Will you still love me tomorrow’. Il momento più debole del cd è ‘Like smoke’, collaborazione un po’ fuori luogo con il rapper Nas. ‘Halftime’ rende omaggio a Frank Sinatra, ma con atmosfere molto jazzate, impreziosite dalla splendida vocalità di Amy.

Magnifica ‘Best friends, Right’, un esempio di pop perfetto: con questo brano, l’artista inglese era solita aprire i suoi concerti. La rilettura di ‘Valerie’ (risalente al 2006) sembra quasi superare in intensità quella pubblicata nel 2007. La carezzevole ‘A song for you’, registrata a Camden nella sua casa, chiude l’album come meglio non si poteva. Si avverte il lavoro certosino e molto curato svolto da Ronson e Remi nella produzione: è indubbio però che ‘Lioness: Hidden Treasures’ non aggiunga granché a ciò che Amy Winehouse già era. Per lo meno, questo cd ci fa rivivere la magia della sua arte per un’ultima (?) volta. E non è una consolazione da poco.

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