Schneider Tm: “Nella vita e nella musica cerco sempre nuove esperienze”

Nella musica, come nell’arte, ognuno esprime la propria personalità e rivive le proprie esperienze. C’è chi si attesta su un modo di comporre più classico, senza la pretesa di scomporre la struttura della musica che va per la maggiore. E’ legittimo, e anche senza strafare si possono comunicare emozioni forti. Altrettanto valida è la posizione di chi cerca di rielaborare i suoni che percepisce ogni giorno in modo da fornire suggestioni nuove. E’ il caso di Schneider Tm, al secolo Dirk Dresselhaus, al quale la definizione di ‘musicista elettronico’ va stretta. Eppure la modernità lo ha accompagnato sin dall’infanzia.

Come nasce Schneider Tm?

Sono cresciuto negli anni ’70 in una cittadella futuristica chiamata Sennestadt: un sobborgo di Bielefeld, nella Germania occidentale, progettato negli anni ’50. I miei genitori hanno divorziato a metà degli anni ’80 dopo continue incomprensioni, ma posso dire che la mia infanzia è stata piuttosto serena, ascoltando i dischi di mio padre: Ray Charles, Fats Domino, Elvis, i Beatles… A metà degli anni ’80 ho fatto il batterista in diverse band come quella della scuola, la Minimum Security. Facevamo cover di Iggy Pop, Cure, Rolling Stones e Talking Heads. Suonavo anche con una formazione definibile come art-prog rock band chiamata Annuvin. Alla fine degli anni ’80 mi sono avvicinato a gruppi come Velvet Underground, Pixies, Dinosaur Jr, My Bloody Valentine, e nell’88 ho formato gli Hip Young Things, che hanno realizzato un paio di album per la Glitterhouse records prima di sciogliersi nel 1997. Nel 1989 ho lasciato la scuola e ho iniziato a lavorare: ho guidato camion, ho fatto interviste di marketing telefoniche e ho raccolto l’immondizia in un magazzino per guadagnarmi da vivere.
 
I giovani generalmente vivono la musica in maniera molto intensa, e molti di loro vi cercano riparo per la mente.
 
Da giovani si è alla ricerca di riempitivi e si cerca di dipanarsi in un’esistenza spesso anche bizzarra, in cui si ci sente proiettati senza un senso vero delle cose. La musica offre un modo di rapportarsi in maniera più profonda all’arte. A più di 40 anni (42, ndr) posso dire però che la ricerca di un senso delle cose non finisce mica: non cambia nulla, eccetto la frequenza e la velocità con cui tutto avviene.
 
Non pensi che un musicista sia un po’ come un bambino? L’atteggiamento creativo è lo stesso.
 
Essere un bambino significa essere capace di imparare, e la tua mente ha i canali della percezione aperti. Può essere, però, anche un atteggiamento avventato, oltre che distruttivo. Per certi musicisti è necessario restare bambini, perchè per loro significa restare intuitivamente in contatto con il ritmo universale del cosmo. E’ un processo che avviene coscientemente o nel subconscio: si può costruire e distruggere. Ci sono tipi e tipi di musicisti: ci sono quelli che ripetono sempre la stessa formula e quelli alla ricerca costante della vita pubblica e della fama.
 
Cosa significa per te sperimentare e  quali sono i concetti principali che vuoi condividere con i tuoi ascoltatori?
 
Non ci sono concetti in particolare, mi piace sperimentare nella musica come nella vita: serve a tenermi vivo. Se faccio le stesse cose, per me è come essere morto. Cerco di essere onesto con chi ascolta. Credo che ci sia un’energia positiva che serve per controllare la negatività.
 
Anche se viviamo ormai in una società cosmopolita in tutto l’occidente, cosa vuol dire per te essere tedesco? Quali sono gli aspetti che ti piacciono o che non apprezzi della tua terra d’origine?
 
Non mi considero tedesco, anche se i miei amici delle altre nazioni mi dicono che faccio le cose in maniera molto tedesca. La Germania è il posto in cui casualmente sono nato.
 
Quali sono le cose positive della Germania?

La coscienza sociale (anche se non abbastanza), la consapevolezza nell’ecologia (anche se non abbastanza), la buona birra, i dibattiti culturali per cercare di trovare la verità, l’aria buona, bei boschi, un clima interessante, le salsicce al curry con le patate fritte, del buon cinema (Rainer Werner Faßbinder, Werner Herzog, Helge Schneider), buona musica e buona letteratura. Penso anche allo spazio che improvvisamente è diventato disponibile per la subcultura, la caduta del muro di Berlino e tante altre cose ancora. Amo Berlino, anche se sta cambiando un po’ in negativo.
 
E quali sono invece le cose negative?

La mentalità ristretta, l’arroganza, il neonazismo, l’esportazione delle armi, certi programmi tv con dibattiti culturali che allontanano dalla verità, la lobby dell’industria automobilistica, i Deutsche Bahn, la Deutsche Bank, un senso dell’umorismo troppo asciutto per essere compreso dagli altri popoli e tante altre cose ancora.
 
La Germania è sempre stata all’avanguardia nella musica elettronica: penso ad esempio a Stockhausen o ai Kraftwerk, considerati da alcuni i padri della techno. Perchè?

Penso che l’attitudine all’essere all’avanguardia, in Germania, nel dopoguerra sia stata contraddistinta da un mix di talento creativo e voglia di lasciarsi il passato alle spalle, nonchè di voglia di avvicinarsi al futuro in maniera rapida e fondamentalmente possibile.

Chiudi gli occhi e dicci cosa vorresti che si realizzasse per te e per gli altri.

Basta leggere il testo della mia ‘Reality Check’. L’ho scritta nel 2001 e mi rendo conto che siamo alla fine di un ciclo di 26.000 anni che si concluderà il 28 novembre 2011. Le cose cambieranno in maniera sostanziale e la mente collettiva farà un passo in avanti verso una coscienza universale che permette di unificare tutto. Per la mente umana è un lavoro faticosissimo ma inevitabile, che porterà a una situazione di amore incondizionato. In caso contrario, l’umanità scomparirà in tempi brevi da questo pianeta. Entrambe le ipotesi mi vanno bene.

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