Ijo: la sua musica, il cosmo, la natura

Audrius Vaitiekunas, in arte Ijo, è uno degli autori più interessanti nell’ambito della scena elettronica internazionale. Sembra quasi fregarsene della carriera e dei soldi: si immerge nella sua musica, contento di vivere di creatività. Viene da un posto splendido, la città di Klaipeda, in Lituania, che ha attorno il mare e distese infinite di boschi. Vive in Inghilterra, si è esibito a Londra e ora si trova a Brighton, un’importante città costiera nel sud dell’Inghilterra dove c’è molto fermento musicale. Lo abbiamo intervistato.

Perchè hai scelto il nome d’arte ‘Ijo’?

Prima di iniziare a fare musica con questo nome, sono stato coinvolto in numerosi progetti con altri musicisti. Non pensavo nemmeno di fare dischi e avere una carriera musicale. Poi ho iniziato ad esibirmi con questo nome e anche i miei amici hanno iniziato a chiamarmi Ijo. Si tratta di uno dei satelliti di Giove: sono molto appassionato di astronomia.

Qualcuno posta su YouTube i tuoi pezzi con copertine di stampo metropolitano. Ti ispirano le metropoli, ad esempio Londra con i suoi muri a mattoncini rossi?

Londra, per come sono fatto io, è uno dei posti peggiori in cui vivere. Ci ho abitato, ma adesso sto a Brighton, una città di mare come la mia Klaipeda. Non mi piacciono le grandi città dove sei quasi un numero che scompare. La gente ascolta i miei brani e li interpreta secondo le sue sensazioni, come avviene appunto su YouTube.

Sei Lituano, di Klaipeda. Qual è il tuo punto di vista sulla Lituania e sulla tua città?

La Lituania ha una bella natura, e dove sono nato io è pieno di boschi e di luoghi naturali che nelle altre parti del Paese non ci sono. Ogni nazione ha però il suo fascino. Klaipeda è una bella città, tranquilla, ma negli ultimi anni è diventata fin troppo calma: i giovani giustamente emigrano perchè non trovano lavoro, vanno nella capitale Vilnius o all’estero. Una situazione del genere ti può ispirare ma anche deprimere. Dipende da cosa vuoi e da come organizzi la tua vita. Io sono andato in Inghilterra per fare esperienze, ma è solo una tappa della mia esistenza. Tornerò certamente a Klaipeda: qualche volta ci penso e mi manca.

Puoi dirci i tratti distintivi, in positivo e in negativo, dei lituani?

Ci sono molte cose che non mi piacciono dei lituani, ma ogni posto è fatto in una certa maniera. Ognuno ha i suoi gusti e fa le sue scelte. Io ho scelto la mia strada, altra gente non sa che strada prendere: il genere umano è nato per essere creativo e non tutti hanno trovato il loro modo di esserlo.

Quando e perchè hai deciso di fare musica?

Ho avuto un feeling con la musica sin dai primi anni di vita. I miei giocattoli erano i registratori e gli strumenti. A 6 anni ho iniziato a suonare il pianoforte che avevamo in salotto, poi ho iniziato a imparare brani a memoria, a 12 ho avuto il mio primo sintetizzatore e coinvolgevo amici e parenti a suonare con me. Registravo fin da piccolo su musicassette i brani alla radio, poi ho utilizzato tutti gli strumenti di riproduzione e di registrazione che potevo.

Com’è cambiato il tuo rapporto con la musica negli ultimi anni?

Prima ascoltavo molta più musica. Ascoltarla alla radio una volta era più bello, Internet non mi dà così tanta soddisfazione. Ricordo che c’era un programma alla radio dove trasmettevano ogni tipo di musica elettronica, una volta alla settimana. Adesso non ho più tanto tempo nè voglia, compongo la mia musica, grazie all’etichetta indipendente a cui sono legato, la Blikmuzik, e ascolto i demo dei miei amici e colleghi.

Le tue composizioni suggeriscono costantemente atmosfere e scenari moderni. La modernità, dunque, ti ispira?

Non l’ho mai vista in questa maniera. Di certo compongo musica elettronica, e gli strumenti elettronici ti portano a risultati molto strani. Tento di esprimere quello che sento e che provo nella quotidianità. La modernità e le grandi città non mi piacciono, l’intervento dell’uomo è artificiale e distruttivo. Le metropoli le vedo come grandi parassiti che distruggono la natura circostante. Viviamo però nel ventunesimo secolo, e certe cose te le devi far scivolare addosso, se vuoi andare avanti.

Suoni tutti gli strumenti nei tuoi brani, o fai tutto tramite computer?

Suono la tastiera e il pianoforte, e qualche volta suono la chitarra nei miei pezzi. So suonare anche la batteria, ma non mi capita di utilizzarla per comporre. Me la cavo anche con la batteria elettronica.

Dicci della tua vita in Inghilterra e dei tuoi futuri progetti.

L’Inghilterra per me è un’esperienza di vita, ma transitoria. Il mio unico progetto è quello di dedicarmi a cose creative. Quando la vita va più veloce io rallento, lascio che le cose avvengano, mi faccio trasportare dalla corrente e mi dico: vediamo dove mi porta la vita.

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