Vecchioni: dalla candidatura al Nobel al nuovo disco. “Giuliano Sangiorgi? È lui il più grande autore italiano”

Roberto Vecchioni

“Perché le idee sono come le stelle che non le spengono i temporali” cantava Roberto Vecchioni nel suo brano ‘Chiamami ancora amore’ che, nel 2011, gli valse la vittoria al Festival di Sanremo. E proprio le idee di questo grande cantautore italiano continuano ancora oggi, dopo anni e anni di straordinaria carriera, a splendere e a stupire senza che niente possa spegnerle o metterle in secondo piano nel panorama musicale del nostro Paese. Idee apprezzate a tal punto che anche la commissione del Premio Nobel, quest’anno, ha deciso di rendergli omaggio considerandolo tra i candidati per il prestigioso riconoscimento nella categoria relativa alla letteratura. Un traguardo che celebra “tutta la canzone d’autore italiana”, come afferma lo stesso Vecchioni, e premia uno dei suoi più grandi esponenti, un artista e un intellettuale eclettico come pochi, che continua a regalare emozioni con i suoi lavori, con lo stile classico del grande cantautorato italiano e le intuizioni moderne di chi ama comunicare e emozionare il proprio pubblico. Abbiamo contattato il maestro Vecchioni in occasione dell’uscita del suo ultimo album ‘Io non appartengo più’.

Quest’anno è arrivato un riconoscimento importantissimo per la sua carriera: la candidatura al Premio Nobel per la Letteratura (poi andato alla scrittrice canadese Alice Munro, ndr). Cosa ha provato nell’apprendere la notizia che anche il suo nome fosse nella lista dei possibili vincitori per l’ambito premio?
Una piacevolissima sorpresa. Inizialmente, quando mi hanno telefonato dal Corriere della Sera, ho persino pensato a uno scherzo; poi mi hanno spiegato che sarebbe stato pubblicato un articolo, quali erano i motivi per i quali veniva pubblicato, quindi ho capito che si trattava di una cosa seria, molto seria, e ho provato orgoglio. Ho ripensato a tutte le persone che mi sono state vicine lungo il percorso della carriera e, lo ammetto, mi sono commosso. Ho capito subito che, con quella candidatura, il Nobel lo avevo già vinto, che anche giustamente non si poteva sognare di più e che, candidando Vecchioni, veniva celebrata tutta la canzone d’autore italiana, che ha dato moltissimo e ha scritto pagine uniche nel suo genere, introvabili nel panorama musicale straniero. Ho vissuto l’annuncio pensando a Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Luigi Tenco, a tutti quelli che hanno saputo, straordinariamente, comunicare un’arte che è arrivata alla gente, a differenza di una certa poesia, alta, altissima, spesso troppo lontana dalle emozioni e dalla vita delle persone. Come ho già raccontato, la candidatura ha portato anche degli aspetti negativi, ovvero le critiche gratuite, gli insulti, l’ironia macabra, tutte quelle cose che in ‘Io non appartengo più’ allontano dal mio vivere e pensare a 70 anni e dopo tante lotte.

Oltre al Vecchioni cantautore, c’è anche un Vecchioni autore di romanzi e racconti. Quali sono le differenze e le analogie nello scrivere una bella canzone e un bel libro?
Cambiano la tecnica e i tempi di scrittura. Alcuni brani di ‘Io non appartengo più’ sono nati addirittura in studio, dopo aver ascoltato un’idea iniziale trasformata in musica da Lucio Fabbri. La canzone, quindi, può arrivare anche così, di getto, poi magari la rivedi o la modifichi in alcune parti strada facendo, però il primo atto è sempre quello che conta, che traccia la linea: penso, per esempio, a ‘Chiamami ancora amore’, scritta interamente in una notte in un hotel a Roma. Per i romanzi è diverso: nasce un’idea, la coltivi anche per mesi nella tua testa, poi devi creare la struttura, quindi organizzare lo sviluppo dell’idea. Se mi passate il paragone calcistico, una canzone può essere anche un colpo di tacco, il romanzo invece è la preparazione tattica di una partita.

In un momento in cui l’Italia soffre un po’ la mancanza di nuovi cantautori, rispetto a quelli che potremmo definire “i tempi d’oro”, lei rimane una certezza e un esempio da seguire. Come giudica le nuove leve e, più in generale, il momento che sta attraversando la musica nel nostro Paese?
Per prima cosa bisogna ribadire che produrre musica oggi, soprattutto in Italia, è sempre più difficile. Sia per gli aspetti economici, evidenti per tutti, sia per quelli organizzativi. A questa complessità industriale si aggiunge la difficoltà dello sviluppo artistico: non c’è più il tempo di crescere il talento come invece capitava una volta, quando un giovane veniva accompagnato verso il debutto, non lanciato in pasto al pubblico. Anche recentemente sono usciti dei lavori di spessore; penso agli ultimi di Guccini e di Battiato, ma sono sempre più rari, anche perché le case discografiche puntano moltissimo sulle raccolte, alle quali anche noi cantautori non ci siamo astenuti. Come ho dimostrato praticamente, invitandolo a scrivermi una canzone per ‘Io non appartengo più’, oggi come oggi considero Giuliano Sangiorgi il più grande autore italiano. E, per altri aspetti, mi piace anche Caparezza, che ha saputo adattare il rap alla melodia e alla nostra musica tradizionale.

Non solo musica: una vita passata anche tra i banchi di scuola, come professore di lettere. Qual è il suo rapporto con la parte più giovane del suo pubblico?
Straordinario, e sorprendente per certi aspetti, considerata la forbice dell’età che mi divide da loro. Eppure i giovani, come sempre, si confermano i più interessati ad approfondire, a capire, a scoprire. Sono sempre più convinto che gli alunni hanno dato a me più di quanto io sia riuscito a dare loro. La scuola, maltrattata, se non dimenticata, è la base di una Repubblica e chi l’ha vissuta e la vive sa benissimo le risorse che ha e le richieste dei giovani, che sono assetati e vogliono solo avere qualcosa per conoscere meglio la vita.

Se, ripensando ai tanti successi e alle soddisfazioni che la sua carriera le ha dato, dovesse indicare i tre momenti che le hanno regalato più emozioni fino ad ora, quali sceglierebbe?
La notizia della candidatura al Nobel per la letteratura; la prima serata al Festival di Sanremo che poi ho vinto; i giorni in cui ho conosciuto mia moglie Daria e quelli nei quali sono nati i miei figli e le mie nipotine.

Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?
Il tour che accompagnerà ‘Io non appartengo più’ nei teatri d’Italia, al Nord prima di Natale, al Sud nei primi mesi del 2014. Saremo in tour anche durante l’estate, ovviamente con una formula diversa rispetto a quella teatrale, e poi… il romanzo che ho nella testa da un anno e che aspetta solo di nascere.

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