‘Un po’ meno’: la commedia di Fabio Zito convince

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La risata arriva. Più di una volta. Quindi, funziona e convince. E un pezzo teatrale, che piaccia o no, deve convincere per funzionare. “Un po’ meno” ha aperto la stagione del Millelire a Roma, teatro diretto da Lorenzo De Feo e Antonio Lupi, che in cartellone ha una serie di pièce importanti: da “Vincent”, che racconta la vita di Van Gogh, a “Trincea di signore”, al corto per il teatro, alla settimana della memoria.

“Un po’ meno” è una commedia di Fabio Zito, che fa anche l’attore e cura la regia. Racconta cosa succede dietro la porta di un casting director in maniera divertente e del tutto sopra le righe, e ciò che accade durante i provini. In scena Marco Trabucchi nei panni di Pippo Calippo, ottuagenario casting director, appunto, che non sa recitare, non capisce moltissimo di cinema, che prima di lanciarsi nel mondo dello spettacolo faceva il panettiere, e con la sua bizzarra personalità sceglie gli attori in base a un ‘know-how’ improvvisato, ma sicuramente simpatico e azzeccatissimo per chi conosce personaggi simili. Almeno nota la differenza tra un attore e un ‘cane’, come si dice per definire qualcuno che proprio non ci sa fare davanti al ciak, e conosce bene la differenza tra un book fotografico fatto bene e uno che sembra un album di scatti, ricordo di una vacanza, in posa a bordo piscine o sdraiati sul divano di casa. A furia di farlo il casting director si accorge subito se un attore ha il “fuoco sacro dentro” e consiglia a tutti di non “caricare” e la reazione degli attori in scena è ironica: parlano al rallentatore senza alti e bassi, senza espressione, piatti e banali, ma neanche questo funziona. E poi scimmiottano i diversi metodi di recitazione: da Stanislavskij a Strasberg, anche solo per dire “ciao”.

L’attore che interpreta Pippo Calippo è giovane ed è molto bravo a calarsi nei panni di un vecchio del mestiere che ormai ne ha viste e sentite troppe, stufo degli attori che non studiano, che fanno corsi di recitazione invece che l’Accademia, che si indigna di fronte a chi non è preparato e pensa invece di avere un talento naturale da Oscar. Arianna Luzi e Simone Boccatonda sono, in scena, due attori che si presentano a un provino: le loro parti avrebbero reso ancora di più se la sceneggiatura avesse previsto l’interpretazione di altri personaggi che si presentano all’audizione. Invece che recitarne solo due, sarebbero potuti entrare e uscire a turno dalla scena, cambiandosi costume rapidamente, calandosi in attori di ogni tipo visto che sono versatili e hanno altre doti come la danza e il canto. Entrambi due voci eccezionali che colpiscono e ricevono numerosi applausi. E poi, c’è Patrizia Campanile, la più professionale; peccato che il suo personaggio entri in scena tardi e abbia poche battute, ma quelle poche ‘spaccano’, come si dice in gergo giovanile, ovvero Paola la regista spicca tra tutti. È la classica director-manager, con passo deciso e rinforzato da un paio di scarpe favolose, voce graffiante, presenza scenica perfetta, mimica facciale eccezionale. Non ha tempo da perdere, è tagliente, ne sa una più del diavolo come regista, e tocca a lei sparare la frase più dolorosa per un attore: “Le faremo sapere”. Brava Campanile!

E ora le note dolenti, o stonate, che fanno perdere ritmo allo show. Il testo comico ha battute azzeccate, ma queste si perdono in alcuni momenti per via della ripetizione, e si sa che ‘buona la prima’ acchiappa di più. E per via di questa piccola, ma fondamentale sciatteria, dove il brodo viene allungato quando invece non ce n’è bisogno, a tratti dal palco arriva un’alitata amatoriale. Ci sono dei momenti lenti e incerti sin dall’inizio, quando l’attrice che va al provino resta in scena per troppo tempo senza dire nulla, e il ritmo è tutto, specialmente in una commedia. E Fabio Zito, capace di mettere in piedi una sceneggiatura così originale e divertente, dovrebbe continuare il suo ottimo lavoro più dietro le quinte. Per acquisire più compattezza e rendere la recitazione più scattante, il testo potrebbe essere accorciato o sfoltito in alcuni punti, soprattutto nella scena del provino con la pistola. Anche alcune battute sembravano improvvisate, alquanto maluccio. In alcuni momenti le voci si accavallavano e un paio di battute venivano dette prima che l’altro attore finisse la sua. Mai anticipare. L’attore spesso pensa che approfondire lo studio del personaggio possa fare la differenza in un provino, migliorando la riuscita della scena, ma nel mondo dello spettacolo senza regole, a volte è meglio fare… un po’ meno, appunto, ma anche qualcosa in più non guasterebbe.

A parte le critiche, che mirano solo a essere costruttive per migliorare uno spettacolo valido, il resto è molto gradevole. È piaciuto anche al cane-attore mascotte del teatro che alla fine va sul palco a congratularsi con la compagnia per poi tornare tra il pubblico. Ma lo fa solo se ha gradito lo spettacolo. “Un po’ meno” è in scena fino al 15 settembre al Teatro Millelire dove, tra l’altro, si svolgerà il festival del corto teatrale, una gara che verrà premiata e tra la giuria c’è Michele Placido. In più, è in programma l’avvio dell’Accademia del Millelire, nella quale è coinvolto anche il noto avvocato nonché bravissimo attore teatrale Luigi De Majo. E, ciliegina sulla torta, ci sarà anche un tocco di femminilità dalla sensualità ironica e spettacolare con un workshop di burlesque tenuto da Patrizia Campanile a partire da venerdì 13 settembre.

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