New York City Ballet a Roma in ‘Celebrating Genius’, un tributo al coreografo George Balanchine

George Balanchine

Sublime, gran stile, carisma, tecnica. Il tributo al coreografo russo George Balanchine, a cura di Daniele Cipriani, è stato un enorme successo: tutto esaurito per l’unica serata alla sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della musica di Roma. ‘Celebrating Genius’ ha visto in scena tra i più brillanti principals del New York City Ballet: Ashley Bouder, Megan Fairchild, Teresa Reichlen, Ana Sophia Scheller, Tyler Angle, Joaquin De Luz, Gonzalo Garcia, Amar Ramasar, Andrew Veyette. Tutti eccezionali, sorprendentemente umili, grandi professionisti. Sei americani, due spagnoli e un’argentina. La serata si è aperta con ‘Apollo’, musiche di Stravinsky. Protagonista il ballerino spagnolo Gonzalo Garcia, “miglior Apollo del mondo”, come lo ha definito la stampa internazionale dopo la sua esibizione al Partenone di Atene in occasione dell’inaugurazione dei giochi olimpici.

“Non è stata offensiva, vero?”, chiede a fine spettacolo Megan Fairchild che ha danzato “Tarantella” con l’unico newyorkese della compagnia, Amar Ramasar. La ballerina ha voluto assicurarsi di avere bene interpretato la danza italiana. Bene? Benissimo, diciamo noi. Una tarantella balanchiniana piena di ritmo e allegria. Altra coreografia, ‘Diamonds’ con musiche di Tchaikovsky che fa parte di un trittico dedicato ai gioielli. Danzano Teresa Reichlen e Tyler Angle. La ballerina ha una statura altissima, una presenza scenica in stile Broadway, ricca di carisma e personalità, elegante, danza meravigliosamente, le sue braccia sembrano ali. Eccezionale ‘Stars and Stripes’. Il New York City Ballet qui eccelle, supera la propria elevata bravura. Ashley Bouder e Andrew Veyette sono i protagonisti. Volano a un ritmo incalzante e raccolgono applausi a non finire. Il programma ha incluso ‘Tchaikovsky pas de deux’, interpretato da Ana Sophia Scheller e Joaquin De Luz. Lei, argentina, sensuale e raffinata, le sue gambe si alzano come piume. Lui è strabiliante, energetico, salta più in alto di tutti, ha una dinamicità carica di muscolatura.

Tre atti e due intervalli, uno show gradevole e appropriato che si conclude con ‘Who cares?’, musiche di Gershwin, un inno alla città di New York. Balanchine lavorò con il musicista a Broadway per ‘Folies’ di Samuel Goldwin. George Balanchine, figlio d’arte, è stato un artista poliedrico: ha danzato e creato coreografie per il balletto classico e il ballo moderno, musical, cinema e anche il circo. In totale ha creato 425 balletti. Era del 1904, morto a 79 anni nel 1983. Si sospetta fosse stato la prima vittima del morbo di Creutzfeldt-Jakob. Il suo insegnamento è stato caratterizzato da musicalità, rapidità, purezza di linee e dinamismo. Se poi vi capita, com’è successo a noi, di trovarvi seduti accanto a un critico esigente e “anziano” difficile da accontentare, lo spettacolo ve lo godrete meno e i continui appunti sciuperanno tutto. Avrebbe voluto più salto nella tarantella e maggiore velocità. ‘Apollo’, in particolare, per lui ha avuto sfumature “cowboyesche” e ha storto il naso sullo stile in generale, che a detta sua non era “balanchiniano”. A noi è piaciuto tutto. La danza evolve e cresce, e sicuramente anche George Balanchine avrebbe apprezzato l’omaggio in suo onore.

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