Giordano Petri: “Sarò cattivissimo nella fiction di Rai Uno ‘Rosso San Valentino'”

Da Città di Castello al Festival del Cinema di Venezia il passo è stato breve per l’attore emergente Giordano Petri. Nipote del grande regista Elio Petri, Giordano vanta numerose apparizioni sul piccolo schermo e una grande passione per il teatro che l’ha portato a calcare il palcoscenico sin da giovanissimo. Ma per l’attore umbro il primo successo arriva con il ruolo di Isaak nella pellicola indipendente di Ilaria Paganelli ‘Per Sofia’, che ha partecipato fuori concorso nella sezione ‘Orizzonti’ al Festival del Cinema di Venezia. E presto sbarcherà su Rai Uno con la fiction ‘Rosso San Valentino’. Newsmag.it lo ha incontrato per scoprire com’è nato il suo amore per la recitazione, il rapporto con suo zio e qualche anticipazione sui suoi progetti futuri.

Così giovane ma con una lunga carriera alle spalle. Giordano, raccontaci quando hai deciso di intraprendere la strada dell’attore.
Penso che decisioni del genere nella vita non vengono prese, ma semplicemente accadono. È un percorso che dura nel tempo, un processo che richiede enorme pazienza per giungere a maturazione. Da piccolo non avrei mai pensato di fare l’attore a causa della mia timidezza. Nel corso degli anni quella timidezza si era trasformata in completa chiusura. A quel punto mia madre decise di iscrivermi ad un corso di recitazione che si teneva a Città di Castello, tenuto dall’attrice Valeria Ciangottini e dal regista Enzo Maria Aronica. Proprio da lì ho mosso i primi passi nel mondo del teatro e da quel momento non ho mai smesso di amarlo. A 18 anni per la prima volta ho pensato: “Forse… vorrei… potrei provare…”.  Quella vocina dentro di me è cresciuta fino a prendere il sopravvento.

Poi, cos’è successo?
Con tanto coraggio e voglia di farcela, sono partito alla volta di Roma per perfezionare i miei studi e fare il ‘grande salto’: provare le selezioni per la Scuola nazionale di cinema. Fare l’attore per me significa emozionare in maniera profonda e duratura nel tempo, lasciare un segno che non passi inosservato, dare alle persone la possibilità di riconoscersi e di essere libere.

Possiamo dire che l’arte del cinema scorre nelle tue vene: tuo zio è il grande regista Elio Petri. Quale insegnamento hai tratto dai suoi celebri lavori?
Purtroppo non ho avuto la possibilità di conoscerlo in quanto è venuto a mancare prematuramente nel 1982. Ma in famiglia se n’è sempre parlato. Elio era un uomo curioso, pieno di interessi, avido lettore e altrettanto vorace spettatore. Ha saputo mettere in luce i conflitti drammatici che sorgono nella società moderna. In particolare mio padre ne parlava con grande orgoglio e rispetto; spesso ci faceva guardare i suoi film sempre pregni di significato e non mancavano i momenti in cui se ne commentavano i profondi contenuti. Posso sicuramente affermare di aver ricevuto virtualmente la sua eredità: il suo cinema politico, di denuncia, è stato fondamentale per la generazione degli anni ’60-’70. Era certosino, estremamente accorto nei dettagli, con una profonda empatia per questo lavoro. Diceva: “Prima di tutto sono un uomo e cerco di tradurre la mia esperienza umana in una sceneggiatura; se la filtrassi troppo non farei un film, ma qualcos’altro”. Ed io, nel mio lavoro di attore, cerco di fare la stessa cosa: interpretare un ruolo cercando di rendere al massimo le emozioni, i sentimenti, le paure che mi vengono trasmesse fin dalla prima lettura del copione. E la mia speranza è di riuscire a farlo con la stessa professionalità e passione di mio zio, sperando che arrivi anche per me il momento della consacrazione!

Hai lavorato molto per il piccolo schermo, ma nel tuo curriculum sono presenti anche diverse esperienze teatrali di rilievo. In quale ambito preferisci recitare e su quale fronte vorresti proseguire la tua carriera?
Non riesco a fare questa scelta: non posso fare a meno né dell’uno né dell’altro mezzo. Sicuramente posso dire che mi sento più a mio agio a teatro. La magia del palco di un teatro riesce a darti la possibilità di dimostrare realmente le tue capacità; è a teatro che entri in contatto con persone reali con cui devi riuscire a stabilire un rapporto immediato. E ogni sera hai un pubblico diverso con cui devi riuscire a creare empatia. Con la macchina da presa puoi bluffare, ci si può fermare, ripetere la scena. Il teatro è un viaggio. Parti da lontano, leggi, rileggi, provi. Quando inizi ad interpretare un personaggio ti ci butti completamente: dal debutto fino all’ultima replica sei quel personaggio. Questa alchimia tra te e il personaggio non riesci a trovarla facilmente al cinema o in tv. È un lavoro diverso, a volte snervante. Non si riesce a trovare subito la concentrazione o il giusto stato d’animo in ogni momento. In entrambe le forme di recitazione, deve sempre esserci una sana e costruttiva emozione: le farfalle nello stomaco che senti prima di entrare in scena sono il motore che ti fa andare avanti sempre.

Nel ruolo del violinista Isaak, nella pellicola ‘Per Sofia’, hai preso parte al Festival del Cinema di Venezia. Cosa ha rappresentato per te questa esperienza?
Siamo partiti come piccolo gruppo e con un ridotto budget, con la produzione indipendente Planet Image. Non credevamo di ottenere un tale successo, anche se nel film abbiamo investito tanto in forze ed energie. Ho collaborato con Ilaria Paganelli anche nella fase di scrittura, per definire al meglio i caratteri dei personaggi. Supportati dall’Ente dello Spettacolo Cinematografo di Roma siamo approdati al Festival di Venezia, dove abbiamo partecipato fuori concorso nella sezione ‘Orizzonti’. È stata per me una prova molto importante: inizialmente avevo difficoltà a trovare la chiave giusta per riuscire a rendere cinematograficamente la sensibilità di Isaak. A tutto ciò aggiungete che abbiamo girato il film in Sardegna, una terra ricca di contraddizioni, bellissima e allo stesso tempo così difficile, caratterizzata da un forte senso di attaccamento dei suoi abitanti. Ho osservato con un certo distacco i loro gesti, i loro movimenti, i loro discorsi e posso affermare che, anche se la storia di ‘Per Sofia’ è ambientata negli anni Quaranta, l’energia che i personaggi trasmettono è la stessa che i sardi continuano ad avere. Ilaria Paganelli, sarda, mi ha aiutato moltissimo a capire che cosa dovevo tirar fuori. Spero di esserci riuscito.

Qual è l’attore italiano o straniero che rappresenta la tua fonte d’ispirazione?
Più che da un attore, traggo spesso ispirazione dai registi. Nella mia esperienza, ho imparato che il rapporto tra regista e attore è paragonabile a quello tra psicologo e paziente! I registi devono essere degli psicologi per gli attori e devono spingere a loro volta questi ultimi ad essere psicologi per i propri personaggi. Tra tutti e tre deve esserci scambio, dialogo e, perché no, anche scontro, come in qualsiasi tipo di rapporto umano. Il regista propone la sua idea, l’attore la esegue facendola sua ed insieme trovano dei punti comuni che portano entrambi alla realizzazione di un qualcosa di unico, nato grazie alla collaborazione di due menti, due cuori, che si scambiano esperienze.

Quali sono, allora, i registi con cui vorresti lavorare?
Angelini, Sorrentino, Costanzo, Castellitto, Garrone, Crialese, Ozpetek, Celli e Sollima. Mi piacciono molto anche gli autori francesi come Ozon, Kassovitz, altri come Haneke, Malick e sarei l’uomo più felice al mondo se potessi recitare con Vincent Cassel o Sean Penn. E visto che i sogni non si pagano, sarebbe fantastico un giorno essere il nuovo 007, perché no, rigorosamente made in Italy!

Presto vedremo sul piccolo schermo la fiction ‘Rosso San Valentino’, di cui sarai uno dei co-protagonisti. Vuoi parlarci del tuo ruolo?
La storia è ambientata a Sanremo. In sei puntate vengono raccontate le intricate vicende della  famiglia Danieli, titolare di un’azienda di cosmetici e profumi, che in passato aveva visto il suo splendore lanciando sul mercato il profumo ‘Rosso San Valentino’, fiore all’occhiello della compagnia ma anche foriero di catastrofici eventi, in seguito ai quali si decide di bloccarne la produzione, fino all’arrivo di Laura Argenti, interpretata da Alexandra Dinu. Io interpreto il ruolo di Marco, considerato da tutti un brutto ceffo, un ragazzo vendicativo che deve riavere dei soldi prestati a Simone Argenti (interpretato da Emanuele Bosi), fratello di Laura, e da lui persi in delle scommesse legate alle corse clandestine.  Farò di tutto, non avrò alcuno scrupolo, pur di riavere quei soldi fino al punto di far saltare un portavalori e la stessa casa degli Argenti. Un vero ruolo da cattivo. Catartico!

Oltre a questa fiction, quali sono i tuoi progetti futuri?
Ci sono in cantiere vari progetti, cinematografici, teatrali e televisivi. Non ne parlo per scaramanzia, ma posso dire di continuare a seguirmi attraverso il mio sito ufficiale www.giordanopetri.it o la pagina facebook Giordano Petri Page, dove potrete ricevere in anteprima tutti gli aggiornamenti, e soprattutto fingers crossed (incrociamo le dita, ndr)!

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