Filippo Gatti e i dischi non troppo lunghi

Ci sono voluti quasi dieci anni per rivedere sugli scaffali dei pochi negozi di dischi rimasti un lavoro firmato da Filippo Gatti. L’ex leader degli Elettrojoyce mette in mostra, negli otto brani che compongono ‘Il pilota e la cameriera’, una pregiata stoffa cantautorale, che in questo periodo di tempo, nel quale si è trovato alle prese con lavori di produzione e collaborazioni di vario genere, non ha subito flessioni, anzi. Il suo è un modo semplice di mettere insieme le canzoni, un modo diretto che colpisce al centro delle emozioni e dei significati.

Da ‘Tutto sta per cambiare’ a ‘Il pilota e la cameriera’ sono passati quasi dieci anni. Molti si saranno chiesti: “Che fine ha fatto Filippo Gatti?”.
Li puoi tranquillizzare. Sto abbastanza bene.

In questo periodo è cambiato qualcosa nel tuo modo di essere cantautore?
No, ho solo più voglia di farlo.

Hai vissuto alcuni anni in Scozia. In che modo, nella tua musica, emerge la passione per gli autori d’oltremanica?
Il modo netto e coraggioso di scrivere il testo, l’attenzione alla produzione di un album. In Scozia ho respirato un’aria buona che mi porto dentro ancora oggi.

In questi dieci anni nel mondo della musica sono successe molte cose. Tra le tante ci sono i talent show come X-Factor. Cosa ne pensi degli artisti che cercano la notorietà tramite questi canali?
Mi dispiace per quelli di loro che vengono strumentalizzati o per quelli che cercano solo di apparire senza comprendere che questo li danneggerà a livello personale.

In un’intervista a Marina Rei lei definiva il vostro rapporto lavorativo come una sorta di “complicità femminile”. A tuo avviso a quale aspetto faceva riferimento?
Ho aiutato Marina a scrivere due brani, ascoltandola e facendo un po’ da specchio. In generale non fatico a trovare complicità con una donna.

Tornando al tuo nuovo lavoro, un titolo particolare come ‘Il pilota e la cameriera’ non può sottrarsi alla domanda sul suo significato.
È un simbolo che esprime la mia posizione sul mestiere di cantautore.

Solo otto brani. È una scelta ben precisa?
Mi piace il numero otto e preferisco i dischi non troppo lunghi che si fanno riascoltare.

In questo lavoro, sei stato più influenzato dalle tue letture o da fatti vissuti in prima persona?
Più o meno da entrambe le cose.

Qual è il significato di un brano come ‘Cattivi esempi’?
È un inno gioioso sulla fine dell’era televisiva.

Hai lavorato per un periodo con Giulia Anania. Accetteresti un invito a Sanremo come cantante in gara?
Ho collaborato con Giulia prima della realizzazione del suo album di esordio e sono felice che abbia incluso, con il suo produttore, quel materiale nel disco. Non posso essere invitato a Sanremo perché non sono né giovane né famoso, ma se eliminassero queste categorie ci andrei molto volentieri.

Che idea hai della scena cantautorale italiana di oggi?
Conosco molti artisti che amo e stimo di tutte le età, ma se dovessi far riferimento ai mezzi di comunicazione di massa non potrei dire lo stesso.

Perché gli Elettrojoyce non sono diventati, in termini di popolarità, il gruppo che molti si aspettavano?
Se devo decidere di fare una cosa per avere popolarità o rimanere autentico e onesto con me stesso tendo verso quest’ultima soluzione.

Nel tuo percorso artistico hai qualche rimpianto?
Sinceramente no.

Pensi di essere sottovalutato dalla stampa e dalla critica musicale in genere?
Al contrario, provo molta gratitudine. Ci sono ottimi critici in questo Paese e ho sempre avuto una grande considerazione da molti di loro.

Qual è la tua più grande speranza? Il tuo obiettivo di vita e professionale?
Vivere in un paese meno autolesionista e cercare di avere un cuore giovane.

Cosa vorresti vedere scritto sul tuo epitaffio?
I dischi venivano meglio quando c’erano le groupies.

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