Sonohra: “Non chiamateci più teen band! E’ un’etichetta degradante”

I Sonohra smettono i panni di idoli delle ragazzine e si presentano al pubblico con un progetto tutto rock ed elettronica. ‘La storia parte da qui’ (Sony Music) suggerisce già dal titolo un nuovo inizio nella loro carriera, ma questa svolta destabilizzante sembra non aver scoraggiato i fan della prima ora, visto il debutto al quarto posto nella classifica dei dischi più venduti. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Luca, il maggiore dei fratelli Fainello. Il momento non era dei migliori, dato che poco prima si erano verificate due violente scosse di terremoto che hanno coinvolto l’Emilia e, di conseguenza, anche la provincia di Verona, città natale del duo. Il resto è cronaca.

Questo non è certamente il momento migliore per realizzare un’intervista. Cosa state provando in questi giorni?
È incredibile quello che sta succedendo. Siamo a pochi chilometri dall’epicentro. Una tragedia di questa portata non si è mai verificata qui. Ora siamo tutti in preda all’ansia perché ci sono scosse continue.

Dal punto di vista professionale, invece, tutto va a gonfie vele. Il vostro disco ha debuttato al quarto posto davanti a Vasco e Madonna…
È una grandissima emozione. Questo testimonia gli sforzi che abbiamo fatto fino adesso. Abbiamo lavorato tantissimo a questo album. È un risultato fondamentale, vista la svolta rock del disco.

Al rock avete unito anche l’elettronica. Come mai vi siete orientati in questa direzione?
Quello dell’elettronica è un mondo vastissimo che ti permette di sperimentare davvero tanto, soprattutto se associata a suoni vintage presi dagli anni ’70. Può produrre qualcosa di veramente interessante e può aprirti un mondo immenso.

Veniamo alle tematiche del disco. Ne ‘Il cielo è tuo’ parlate di abuso sui minori. Cosa vi ha ispirato?
È stata la musica stessa che ci ha spinti a parlare di questo. Ascoltando il brano, ci siamo lasciati andare all’immaginazione e abbiamo scritto il testo, nonostante la delicatezza dell’argomento. Noi, comunque, volevamo dire la nostra e ci abbiamo provato.

L’ultima traccia è la versione in inglese di questa canzone (‘The sky is yours’, ndr). E sono in inglese anche altre tracce. Avete intenzione di provare a conquistare il mercato anglosassone?
Il nostro è un genere che probabilmente va più all’estero ma la concorrenza al di fuori dell’Italia è altissima. Provare ad esportarla è un’idea che abbiamo in serbo già da molto tempo, soprattutto nei Paesi europei e anglo-americani, visto che per adesso siamo conosciuti solo in America Latina.

Il vostro album di debutto uscì in una versione in spagnolo, mentre per il secondo la cosa non si è ripetuta. Come mai siete rimasti fuori da questo giro?
Abbiamo avuto delle problematiche dal punto di vista manageriale e altre cose delle quali preferiamo non parlare. Quello è stato un periodo molto difficile della nostra carriera.

Pensate di fare qualcosa per il mercato latino con il nuovo lavoro?
C’è in progetto di registrare in spagnolo ‘Si chiama libertà’, visto il featuring con Hevia. Abbiamo un grande seguito in quelle terre, nonostante la nostra assenza con il secondo lavoro. Il pubblico latino continua a seguirci numeroso: lo dimostra l’altissima affluenza di fan colombiani e non solo sul nostro profilo Facebook. Contiamo di ritornare presto in quei luoghi.

In ‘Liars’ (bugiardi, ndr) ve la prendete con la parte disonesta della classe politica. Il tutto è stato scritto prima degli ultimi avvenimenti di corruzione. Un testo profetico…
Questa brutta aria tira già da un po’ (ride, ndr). Il tema è sempre di attualità, adesso più che mai. Vogliamo denunciare la politica di questo delicato periodo storico.

Voi siete di Verona, una delle roccaforti della Lega Nord. Cosa avete pensato degli ultimi scandali che hanno riguardato un partito che si professava casto e puro?
Non voglio entrare nel merito politico perché un artista non dovrebbe essere schierato politicamente. Ovviamente quello che dici tu è verissimo. Nel caso di Verona era scontata la rielezione del sindaco Tosi perché ha moltissimi estimatori. Però, facendo un paragone calcistico, anche la Juventus ha moltissimi tifosi, ma io non tengo per questa squadra. Ti dico solo questo (ride, ndr).

Siete molto critici nei confronti dei reality. Lo gridate ne ‘Il re del nulla’, dove etichettate i protagonisti di questi programmi televisivi come “schiavi”…
È l’ideologia che sta dietro questi personaggi a essere sbagliata: essere disposti a tutto pur non avendo del talento. I reality portano alla notorietà persone anonime che andranno a guadagnare l’ira di Dio attraverso le ospitate nelle discoteche, mentre un musicista che si è fatto il culo per anni riceve nello stesso luogo un centesimo del loro cachet.

Vale lo stesso discorso per i talent show?
Più o meno è la stessa cosa. È anche vero che il talent è l’ultimo modo rimasto a un artista per farsi notare. Ribadisco però: per noi non è il mezzo giusto di indirizzare il talento. Chi ha ideato questo tipo di programmi fa emergere sicuramente cantanti con delle doti vocali, ma allo stesso tempo uccide il cantautorato e va a creare un circolo vizioso, che porta l’artista al successo sfrenato per poi farlo cadere nel dimenticatoio. È lo scopo del format: il vincitore dell’edizione precedente soccomberà ai danni di quello attuale. La musica diventa un bene di consumo e questa cosa non ci piace.

Quest’anno la finale di ‘Amici’ di Maria De Filippi si è svolta proprio nella ‘vostra’ Arena di Verona. Cosa ne pensi?
All’Arena ci hanno suonato artisti del calibro dei Pink Floyd, Genesis, Deep Purple. Non voglio creare polemiche ma sono stupito del fatto che sia stata organizzata proprio lì. Alla fine, però, c’è stato il pienone, quindi vuol dire che alla gente piace.

Gerardo Pulli, fresco vincitore di ‘Amici’, ha dichiarato: “Se Fabrizio De André fosse nato oggi, non avrebbe avuto spazio”. Sei d’accordo?
Purtroppo è vero. Si sta indirizzando la gente ad ascoltare musica di bassa qualità. Bisognerebbe tornare negli anni ’70, quando la composizione era molto più libera e si poteva fare una canzone di 7 minuti, senza che gli addetti ai lavori storcessero il naso dicendo frasi del tipo “su questa radio non la trasmettono” o “l’inciso non va, perché la gente non lo può cantare”. Tutte cazzate che alla musica non fanno bene.

Il vostro cambiamento, nello stile musicale e nel look, ha destabilizzato le fan della prima ora?
La maggior parte sono cresciute con noi e hanno apprezzato la nostra svolta musicale. Inoltre, chi non ci aveva mai seguito finora è rimasto colpito da queste sonorità e, dopo aver ascoltato il cd, stenta perfino a riconoscerci. L’album è prodotto interamente da noi e dal tecnico del suono Carlo Cantini. L’abbiamo realizzato pensando a quello che siamo oggi. Se piacerà è bene, altrimenti siamo disposti a tornare a suonare nei locali da dove abbiamo cominciato (ride, ndr).

Siete dei bravissimi musicisti e sono in tanti a riconoscerlo. Eppure siete stati etichettati come ‘idoli delle ragazzine’. Vi ha dato fastidio questa cosa?
È un titolo che ci è stato affibbiato perché siamo passati attraverso determinati canali e perché il nostro pubblico è giovane, ma ai concerti non abbiamo fatto mai musica per teenager. Lo dimostrano le cover che abbiamo proposto: ‘The thrill is gone’ nella versione di B.B. King o ‘Sultans of swing’ dei Dire Straits. Nessuna ragazzina, prima di venire a un nostro live, sapeva chi fossero. Non siamo mai stati una teen band. È stato degradante venire etichettati in questo modo.

State preparando dei concerti estivi?
Partiremo dalla Puglia il 14 giugno per girare l’Italia. Il primo settembre, invece, faremo ritorno al Teatro Romano di Verona. È una sorta di ricorrenza, visto che ci esibiamo sempre lì dopo l’uscita dei nostri album.

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