Hate Boss: “La nostra musica tra tecnologia e voglia di naturalità”

Hate Boss è il nome di una giovane band veneta alla prima vera prova discografica con ‘Time of the signs’. Nel 2010 Mattia ‘Low’ Tomasi (voce – basso – synth), Simone ‘Zacca’ Zaccaron (chitarra – synth), Emanuele ‘Ema’ Lombardini (batteria) e Alessandro ‘Ale’ Tomasi (elettronica – synth) decidono di dare vita al loro progetto artistico tra bassi fatti in casa, chitarre hard rock, batterie di plexiglass, vecchi synth analogici e nuove cianfrusaglie elettroniche. Abbiamo intervistato per voi Mattia Tomasi.

Come vi siete conosciuti e come nasce la band?
Ci conosciamo da molto tempo: Ale ed io siamo fratelli, e Zacca ha suonato anni fa in altri gruppi sia con me che con Ema. La musica ci ha sempre fatto incontrare in mille occasioni ed è stato proprio ad un festival che è nata l’idea di passare qualche pomeriggio a suonicchiare insieme. Alcuni mesi dopo abbiamo capito che, come quando ci si fidanza, iniziava ad essere una cosa seria. Deciso il nome del gruppo, abbiamo cominciato a lavorare a testa bassa.

Hate Boss è un nome molto particolare. Cosa significa? A una lettura disattenta potrebbe leggersi Kate Moss. C’entra qualcosa?
E’ una sorta di auspicio al non farsi sottomettere, al non accettare passivamente gli ordini, ma a valutarli e rielaborarli con una propria coscienza (‘Hate boss’, tradotto dall’inglese, significa ‘Odia il capo’, ndr). Per quanto riguarda la storia Hate Boss/Kate Moss, è effettivamente un gioco presente nel nostro logo, ma non ha di per sé un significato così forte. Abbiamo solo pensato che avrebbe sicuramente fatto colpo su delle t-shirt.

Il titolo del vostro album è ispirato a un brano degli anni ’80 di Prince, ‘Sign o’ the times’, che parla di attualità. Quella canzone e quel disco sono stati fondamentali per voi?
In realtà è stata una delle molte influenze. Abbiamo sempre cercato di ascoltare il maggior numero possibile di album, spaziando molto nei generi. La storia del titolo è andata così: durante la scrittura del disco, abbiamo dato molta importanza ai segnali del destino, tanto che avevamo cominciato a dire tra noi che si trattava di un ‘periodo di segni’. Forse era semplice autosuggestione, ma ci sembrava che anche le notizie di attualità avessero un significato intrinseco. Va da sé che ritrovare il vecchio doppio di Prince nel mio iPod, con un significato così simile al nostro modo di dire, equivaleva a far quadrare il cerchio. Rimane che quel disco di Prince è per me una delle più grandi opere pop.

Il tema portante del disco è quello dei segni, anche intesi come segnali premonitori. Avete dichiarato che il terremoto in Giappone vi ha ispirati. Come mai?
Mi ha particolarmente colpito vedere in diretta gli effetti di una simile catastrofe. Ero sul divano, attonito, con il telecomando in mano, mentre lo tsunami devastava migliaia e migliaia di case. Non mi era mai capitato di vedere un evento simile in diretta. Ho pensato che per quanta tecnologia io avessi in mano, o comunque a disposizione, in quel momento ero comunque impotente. Anzi, di lì a poco la tecnologia dell’uomo, rappresentata dalla centrale di Fukushima, si è rivelata ancora più devastante. L’ho percepito come un monito.

Ho notato un contrasto tra tecnologia e natura nel disco. Musica elettronica e voglia di tornare a un’età più primitiva. Anche la foto di copertina, un paesaggio, è presentata come se fosse un’immagine rifratta. È questo il significato che avete inteso o c’è dell’altro?
Esattamente. Ci interessava il contrasto tra la sempre maggiore quantità di tecnologia presente e la voglia di naturalità che si avverte in questo periodo. La foto, scattata da una nostra amica (Irene Dose), è vista attraverso una sorta di lente distorta, che la rende pur sempre bella, ma artefatta.

In ‘Monkey’ è presentata una critica alla moda e alle nuove tendenze, che poi tanto nuove non sono. Qual è il messaggio? Il passato ritornerà sempre o qualcosa di innovativo arriverà in futuro?
La moda è ciclica, è un dato di fatto. Crediamo, invece, che per smarcarsi dai cliché bisogna percorrere strade non battute, sperimentare, essere curiosi. In questo modo si è sempre innovato, creando il futuro. Seguire le mode equivale di fatto a percorrere il passato.

Il videoclip di lancio del disco è stato diretto da Flavio Parenti ed è un montaggio di immagini tratte dalla sua serie web ‘ByMySide’. Com’è avvenuto il vostro incontro?
Dobbiamo ringraziare per questo il nostro management, che segue anche Flavio per il progetto #bymyside. Poco prima dell’uscita del disco, infatti, ci ha presentato il progetto di Parenti, facendoci vedere degli spezzoni di girato della web series: il livello di regia e recitazione è davvero altissimo, e non abbiamo esitato un secondo. Flavio è un lavoratore instancabile e ha montato il video in tempi record; non lo ringrazieremo mai abbastanza. Un vero incontro, però, lo abbiamo avuto solo alla première di lancio del video e della serie, insieme a Pier Luigi Pasino, anche lui protagonista e autore della serie. Sono davvero delle persone fantastiche, simpaticissime e molto vicine al nostro mondo rock più di quanto ci aspettassimo.

Vi piacerebbe creare una colonna sonora per un film o una serie tv?
Poco tempo fa ne parlavo con Zacca: Trent Reznor e Atticus Ross sono tra i nostri artisti preferiti, e il lavoro che hanno fatto per il film ‘The Social Network’ è spettacolare, tanto che hanno vinto un Oscar. Così, ci è subito venuta la voglia di comporre una colonna sonora. Ci vuole molta preparazione e competenza, quindi per il momento credo che ci limiteremo a comporre colonne sonore per le nostre giornate alla ‘Casa Rossa’, la nostra sala prove. Ma mai dire mai!

Nel libretto, tra i tanti ringraziamenti, c’è quello a Chiara Canzian. Siete amici?
La conosciamo per due motivi: il fratello di Emanuele, Andrea, è il bassista che la segue dal vivo nei suoi concerti. Io avevo bisogno di alcune dritte sul mio cantato ed in questo modo ci siamo conosciuti. E’ una grandissima professionista e un’amica.

Programmi per l’estate? Ci saranno concerti, partecipazioni a eventi o altre iniziative?
Sì, abbiamo un tour che parte da maggio. Le date saranno in continuo aggiornamento sul nostro sito wearehateboss.com. In più stiamo lavorando ad alcuni video che usciranno nei prossimi mesi e stiamo già iniziando a lavorare ad alcuni nuovi pezzi… siamo instancabili!

Foto di Michele Corbanese

  1. 1 commento a “Hate Boss: “La nostra musica tra tecnologia e voglia di naturalità””

  2. 1 Alfio T. scrive (18 Aprile 2012 alle 20:59):

    Interessante gruppo, ma credo che solo il tempo ci dirà se manterranno le promesse fatte nelle loro dichiarazioni di intenti!

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