Nicola Piovani e il numero sette. In scena il 3 marzo a Roma ‘Epta’

Il premio Oscar Nicola Piovani porterà in scena il 3 marzo a Roma la suite orchestrale ‘Epta’. E’ il numero sette a farla da padrone: sette musicisti eseguiranno un ciclo di sette movimenti, scanditi da sette interventi di voci registrate che recitano frammenti di varie opere. L’appuntamento è alle ore 21, presso la sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica.

Il numero sette ha sempre assunto un significato magico nell’antichità. Così il Maestro e i suoi musicisti hanno deciso di rendergli un omaggio in musica. Gli intermezzi vocali saranno tratti da opere di Eschilo (‘I sette contro Tebe’), Oscar Wilde (‘Salomè’, in particolare la descrizione della danza dei sette veli), Ingmar Bergman (‘Il settimo sigillo’), Shakespeare e Carducci. Ognuno dei sette brani ha uno strumento principale che, da prim’attore, dialoga con gli altri sei. Sul palco, Alessio Mancini (flauto), Luca Velotti (sassofono e clarinetto), Fabio Ceccarelli (fisarmonica e tastiere), Eszter Nagypal (violoncello), Andrea Avena (contrabbasso), Ivan Gambini (percussioni e batteria) e naturalmente Nicola Piovani (pianoforte).

“La seduzione del numero sette ha per me qualcosa di indefinibile, – ha dichiarato Piovani – comunque poco legato alle implicazioni cabalistiche, o esoteriche, con le quali ho poca frequentazione e confidenza. Il sentimento dominante di questa piccola suite nasce dalle peculiarità strettamente matematiche del numero sette, nelle quali mi ha guidato l’eccellente maestro Odifreddi, coniugate con la avvincente maestà delle sette porte di Tebe, i sette eroi che le difendono e i sette che le attaccano, anch’essi eroi, con lo Shakespeare del ‘Come vi garba’; e con l’incanto che subivo nella mia adolescenza per i versi di Giosuè Carducci nel sottofinale di ‘Davanti a San Guido’. Passando per ‘Il settimo sigillo’ di Bergman, il papiro di Rhind e i sette veli di ‘Salomè’. Non c’è molto ordine logico, e men che mai filologico, nel sottotesto di questa composizione. C’è semmai la ricerca-desiderio di mettere in ordine sul pentagramma una passione caotica e irrisolvibile, quella passione che si agita ogni volta che cerchiamo di guardare più in là di quel che ci è dato vedere e capire, come Sant’Agostino in riva al mare”.

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