Woody Allen fa autocritica: “Salvo solo otto dei miei film. Il resto? Niente di brillante”

Woody Allen torna a parlare e a far parlare di sé. In attesa dell’uscita in Italia del suo ultimo film, ‘Midnight in Paris’, nelle sale dal 2 dicembre, il regista americano si è confidato al settimanale ‘Io donna’, in edicola dal 22 ottobre. In questi giorni, però, Allen è stato al centro di un piccolo caso che ci riguarda da vicino.

Il suo ultimissimo lavoro, girato in Italia, doveva chiamarsi ‘The Bop Decameron’ ma all’ultimo momento il buon Woody ha deciso di cambiare titolo, scegliendo un discutibile ‘Nero fiddled’ (‘Nerone imbrogliato’). Il suo timore era che il film fosse associato al ‘Decamerone’ di Boccaccio, che – a suo dire – è poco conosciuto perfino dagli italiani. Nel frattempo a ‘Io Donna’ ha svelato alcuni aspetti della sua carriera, non risparmiandosi delle pesanti autocritiche: “Ho diretto quarantadue film: di sei, massimo otto, sono orgoglioso. Non che mi vergogni degli altri, ma… ‘La rosa purpurea del Cairo’ era un buon film. Poi ‘Mariti e mogli’, ‘Match Point’, ‘Vicky Cristina Barcelona’, ‘Pallottole su Broadway’; Zelig era interessante. Gli altri… Sì, a posto, ma niente di brillante. Niente da ricordare”.

Allen ha parlato anche della sua infanzia e dei suoi primi film: “Da ragazzino ero un discreto illusionista – racconta – Conoscevo molti trucchi ed ero attratto da qualunque cosa avesse a che fare con la magia. Forse perché speravo che ci fosse magia nel mondo: l’ho sempre cercata, ma non l’ho mai trovata. Sarebbe bello se qualcosa di magico potesse salvarci. Ma questo qualcosa non esiste. Man mano che cresci e sperimenti la vita, scopri che la realtà è piuttosto fosca”. Un pessimismo che traspare nei suoi lavori, ma è sempre dissimulato sotto forma di commedia. In realtà, il regista americano avrebbe voluto girare storie di tutt’altro tipo: “Se da giovane fossi stato più rigoroso e avessi girato solo quello che volevo, cioè storie serie e profonde, senza preoccuparmi del successo commerciale, forse avrei diretto film più belli. Avrei dovuto avere più coraggio. Invece ho cominciato, e continuato, con quelle stupide commedie che piacevano a tutti… Mi sentivo salvo, sicuro. Pensavo che essere una movie star mi avrebbe reso felice. Che mi sarebbe piaciuto andare a Hollywood e vivere tra attori e attrici bellissime. Ma con il tempo (e neanche tanto) mi sono reso conto che a Hollywood non ci volevo andare. Che quella vita non sarebbe stata la risposta a niente. La mia era una sciocca illusione infantile”.

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