‘Symphonicity’, tre nuovi concerti in Italia per Sting

Sting è pronto per tornare in Italia con tre nuovi concerti: il 27 luglio al Complesso archeologico del Castello a Mare di Palermo, il 29 luglio in piazza San Marco a Venezia e il 30 luglio all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Il cantante inglese presenterà il suo ultimo lavoro in studio, ‘Symphonicities’, il cui titolo gioca con quello del celeberrimo ‘Synchronicity’ dei Police. Si tratta del terzo capitolo di un’intelligente carriera parallela che Sting ha saputo crearsi nel settore crossover, riuscendo a fregiarsi dell’etichetta di artista della Deutsche Grammophon, casa discografica specializzata in musica classica. Non è certo la qualità a mancare, ma la domanda nasce spontanea: c’era veramente bisogno di rivisitare dei capolavori assoluti con arrangiamenti orchestrali?

Sting non pubblica, infatti, un album di inediti dal mediocre ‘Sacred love’, ormai risalente al 2003: è forse finita l’ispirazione e dunque da qui l’esigenza di dare vita a questo progetto? Dopo questa necessaria premessa bisogna precisare che siamo comunque di fronte ad un buon disco, anche se si muove a corrente alternata. L’apertura è affidata a ‘Next to you’, dal primo periodo Police, che qui però perde tutta la sua dirompente potenza post-punk. Gli episodi più riusciti dell’intero cd sono ‘Englishman in New York’, che già però, nella versione originale, aveva dalla sua un arrangiamento che ben si adattava a questa sua nuova veste un po’ più swing, ed ‘Every little thing she does is magic’, scelta come primo singolo, arricchita da un’introduzione di arpa sorprendente e da un flauto che ne accompagna l’incedere. ‘Roxanne’ rappresenta quasi un infinito e ostinato lavoro di reinvenzione per l’ex leader dei Police, ed è proposta qui in una maniera molto più intimista e rarefatta.

‘When we dance’ non conquista, ed è il momento meno riuscito dell’intero album. Trovano spazio anche episodi magari meno noti della carriera di Sting, come ‘I hung my head’, le b-sides ‘End of the game’ e ‘The pirate’s bride’, o ‘We work the black seam’, quest’ultima tratta dal celebrato album di debutto ‘The dream of the blue turtles’, quasi però a dare la sensazione di cercare solo il gusto di un compiacimento personale. ‘Symphonicities’ è un’operazione che nulla aggiunge a un percorso musicale che si spera non abbia già detto tutto quanto era possibile, ma allo stesso tempo ci regala un disco che sicuramente è più adatto alla situazione live che non all’ascolto in una fredda camera. È uscito di recente, infatti, il cd-dvd ‘Sting live in Berlin’ che ben fotografa le atmosfere che questo disco classico riesce a regalare in un teatro, situazione – lo ripetiamo – ideale per l’ascolto di queste nuove versioni. Per concludere nasce in noi un altro interrogativo: perché questa voglia di Sting di fuggire dal pubblico di massa che lo ha sempre idolatrato? Arriverà mai un suo vero nuovo lavoro, o siamo di fronte a un artista che ha fatto la precisa scelta di dedicarsi ad altro e trovare quindi nuovi stimoli?

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