‘Nemico del Popolo’, da Ibsen ai giorni nostri

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Strepitoso Gianmarco Tognazzi. Una rivelazione per chi non lo aveva mai visto recitare a teatro. Da una parte l’attore cinematografico e dall’altra colui che interpreta una pièce impegnata e impegnativa come ‘Nemico del popolo’ un capolavoro del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, scritto nel 1882 e portato in scena alla Sala Umberto di Roma dall’8 al 20 aprile, adattato da Edoardo Erba. Un testo quanto mai attuale, ancora oggi, purtroppo. Un’opera che parla di denuncia, di un fattaccio, che parla di corruzione e abuso del potere politico con la connivenza del popolo, raccomandato, piegato, comprato.

Passionale al massimo Tognazzi e calato perfettamente nel ruolo del medico che scopre che le terme pubbliche del piccolo paese in cui vive sono appestate da inquinanti scarichi montani di conciatura delle pelli. Vorrebbe fare un pubblico appello per denunciare la cosa e far porre rimedio al problema, ma da una parte suo fratello, rappresentante dei potenti azionisti di maggioranza delle terme, dall’altra i redattori di un giornale popolare che si schiera contro i potenti della città si oppongono alla pubblicazione della relazione del dottore, perché tutti sarebbero parte lesa nella questione. Gli appelli al potere sono inutili, quelli alla coscienza popolare anche: sia vinti sia vincitori sono una schiera di opportunisti, interessati solo alla reputazione e al denaro. È in questo scenario che il dottore compie l’unica scelta possibile per lui: se prima vuole abbandonare la città, poi si accorge che la risposta migliore a questa situazione è la conoscenza. Vuole quindi istruire i giovani per aiutarli a comprendere meglio la realtà e essere cittadini più civili.

Idealistico. Un sogno, ma possibile, come dovrebbe essere tutto ciò che riguarda la Giustizia, la Verità. La versione moderna di ‘Un nemico del popolo’ è impeccabile dal punto di vista interpretativo-recitativo e molto interessante anche nella simbologia che vuole trasmettere con riferimenti ai giorni nostri. Il sindaco veste abiti moderni, una giacca e cravatta contemporanea, mentre suo fratello, l’eroico denunciante, indossa abiti più antichi. Ogni costume di ciascun personaggio riporta a un’epoca diversa: dalla fine dell’Ottocento attraversando gli anni ’20, ’50, ’70 e quelli attuali. Un modo, forse, per rendere l’opera senza tempo, perché le sozzerie della società sono sempre esistite e sempre c’è stato chi ha lottato per ripulire il lerciume della delinquenza istituzionale autorizzata.

Anacronistico anche il testo che parla di ‘fascismo’ quando all’epoca di Ibsen non era ancora arrivato. Appare anche un hippy fricchettone drogato che nulla ha a che fare con la fine dell’Ottocento. Simpatica idea quella di inserire degli stornelli tra una scena e l’altra, cantati da uno dei personaggi, ‘il Capitano’, l’unico che non ha paura di appoggiare chi difende la Verità, chi ha voglia di rivoluzione, chi lotta per una giusta battaglia, chi ha ragione anche se “la ragione senza potere non vale nulla”. Il coraggio che non ti fa essere come quelli che concordano, ma lo fanno solo in privato e poi pubblicamente negano o tacciono in perfetta ipocrisia. Anche se si viene licenziati, minacciati, ricattati, impauriti, assaliti con violenza, e pur subendo danni che si ripercuotono anche contro la propria famiglia, aggrediti in casa con il lancio di sassi, chi non ha paura va avanti. Prima o poi la verità vince.

Oltre a Gianmarco Tognazzi, otto gli attori in scena: Bruno Armando, Lombardo Fornara, Alessandro Cremona, Stella Egitto, Antonio Milo, Simonetta Graziano, Renato Marchetti e Franz Santo Cantalupo. Tutti eccezionali. Rendono l’opera piena di ritmo, veloce, tempi comici precisi in un contesto tra il drammatico e il grottesco. Giusto per trovare quel pelo nell’uovo, la regia di Armando Pugliese non ci convince, anche se noi non sapremmo fare di meglio. Vale la pena vedere ‘Nemico del popolo’ con questo cast, un lavoro serio ed educativo che fa riflettere e magari fa venire anche la voglia di aiutare a cambiare Paesi e paeselli corrotti, collusi e sozzi. E poi, uscire di casa e abbandonare le fiction televisive non può che arricchire il proprio bagaglio culturale.

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