Noemi da Londra a Sanremo: “Al Festival sarò anche produttrice artistica dei miei pezzi”

Noemi

Si parla sempre di “prodotti dei talent” quasi con un’accezione negativa, quando poi alcuni di questi programmi televisivi ci regalano delle voci che sono tra le più belle del panorama musicale italiano. Questo è, senza dubbio, il caso di Veronica Scopelliti, in arte Noemi. La cantante romana deve la sua notorietà alla partecipazione a ‘X Factor’ nel 2009, solo la prima delle tappe di una carriera ricca di soddisfazioni, riconoscimenti e successo. L’artista è riuscita a mettersi in mostra con una splendida e originale timbrica vocale prima, e con la produzione di ottimi prodotti musicali poi. Abbiamo contattato Noemi per parlare con lei della sua imminente partecipazione al Festival di Sanremo e della successiva uscita del suo disco, ‘Made in London’, che avverrà il 20 febbraio.

Sei stata due volte a Sanremo (2010 e 2012), qualche mese fa sei diventata coach per il programma ‘The Voice’ e ora torni al Festival. Che differenze ci sono tra la Noemi che partecipò per la prima volta a Sanremo nel 2010 e quella che a breve salirà sul palco dell’Ariston?
C’è una bella differenza! Ho superato lo scoglio dei 30 anni e questo già è stato devastante (ride, ndr). Se penso al primo Sanremo, ricordo che era successo in fretta ed era uno di quei momenti in cui sembra che sei “un cane al guinzaglio del destino”, perché sei spinta dal momento o da determinate situazioni. Adesso sono molto più consapevole, sono la produttrice artistica sia del disco sia dei pezzi che presenterò, mentre prima ero semplicemente interprete. In sintesi potrei dire che la differenza sostanziale sta nel fatto che nel 2010 immaginavo cosa sarei potuta diventare e oggi un po’ lo sono; poi chiaramente le cose cambiano sempre e fra due anni ti potrei dire che oggi mi sbagliavo, però non credo perché in questo disco e nelle sue canzoni ho messo davvero anima e corpo ed è stato un viaggio in cui ho riscoperto me stessa. Di solito, quando si va a Sanremo, c’è questo genere “sanremese” che prende il sopravvento ma in questo Festival, parlando chiaramente della mia esperienza personale, non penso sia successo: io ho presentato per la partecipazione due brani che ritenevo potessero rappresentare bene il mio album e quindi che non fossero costruiti ad hoc per Sanremo e sono stata contenta che ‘Bagnati dal sole’ (prima canzone presentata, ndr) sia stata subito capita e apprezzata. Il fatto che poi due canzoni scritte da me siano state accettate mi ha reso molto felice e vado al Festival non solo con la possibilità di promuovere il mio disco su un palco da sogno ma anche con una coerenza artistica che a questo punto della mia vita era veramente importante.

Parteciperai con i brani ‘Bagnati dal sole’ e ‘Un uomo è un albero’. Cosa puoi dirci su questi due brani?
Io sono dell’idea che chi ascolta una canzone possa trovare nelle parole il significato che preferisce: è questo il bello della musica! Quando ho scritto ‘Un uomo è un albero’, ho pensato a cosa mi sarebbe piaciuto essere come persona: la parola “uomo” sta per “essere umano” perché vale anche per me e quindi non c’è maschilismo (ride, ndr). Mi piaceva l’immagine dell’albero perché questi hanno radici profonde e riescono a superare periodi di tempo lunghissimi resistendo a tutte le intemperie. Questa canzone è quindi una presa di coscienza, di come vorrei essere, sempre forte, coerente, di come vorrei avere degli stivali pesanti che mi tengano sempre con i piedi per terra perché, delle volte, riuscire a rimanere concentrati è davvero dura. ‘Bagnati dal sole’ parla sempre un po’ di me ma si sofferma in particolare su quel momento in cui accetti tutti i tuoi difetti, tutte le tue paure, prendi atto di chi sei e decidi che è arrivato il momento di giocartela. Io credo profondamente che quando tu sei te stesso e ti rilassi alla fine le cose belle arrivano ed è questo il senso del pezzo. ‘Bagnati dal sole’ ha sicuramente un testo più semplice dell’altro brano, ma non più banale: la stessa ripetizione della frase da cui nasce poi il titolo mi infonde un senso di serenità e spero che possa essere così anche per chi ascolta.

I due brani faranno parte dell’album ‘Made in London’ in uscita il 20 febbraio. Come dice lo stesso titolo, hai iniziato a lavorare proprio nella capitale inglese ed è un disco sicuramente particolare, in cui hai utilizzato sonorità diverse dalle precedenti. In sintesi, com’è nato e cosa devono aspettarsi i tuoi fan da esso?
‘Made in London’ è stata la risposta ad una domanda: “Sono capace di avere quel sound internazionale e moderno che tanto mi piace senza diventare però poco credibile?”. Ho cercato di fare questo: mi sono trasferita a Londra ed è nato questo disco che a me piace tantissimo. Sicuramente è un album nato da un periodo di “crisi”, per così dire, personale ma anche artistica perché avevo appena finito il tour “Rosso Noemi”. Contentissima dei miei brani e di quanto fatto fino ad allora ho pensato però: “Ma in questo disco sono stata al 100% me stessa? Questo sound mi identifica?”. A quel punto ho capito che i dischi che mi piacciono di più sono stati prodotti tutti in Inghilterra e ho deciso di trasferirmi lì dal novembre del 2012. Ho avuto l’opportunità, grazie alla mia casa discografica, di entrare in un giro bellissimo di produttori e autori. Mi sono trasferita perché credo che una città si debba vivere e perché sentivo una distanza con quelli che poi erano i miei ascolti e, dopo un esame di coscienza, ho capito che facevo alcune cover durante il tour perché avevano un sound particolare che amavo particolarmente e ho deciso che era arrivata l’ora che sperimentassi qualcosa di nuovo anche nei miei pezzi. A Londra, la cosa più bella che ho imparato è che le canzoni possono avere un testo molto forte, ed è bello chiaramente, però ci sono canzoni in cui le parole sono semplicemente al servizio della musica e questa è una cosa che gli inglesi riescono a fare molto bene. Una canzone non deve necessariamente avere un testo profondo che faccia riflettere ma può segnalarsi anche per altro: ci sono cantanti come Madonna che nella propria discografia vanta anche pezzi con dei testi davvero belli ma che nel corso della propria carriera ha utilizzato molto anche brani in cui le parole sono al servizio della musica. E’ anche questo il senso del mio album: ci sono sia pezzi molto seri in cui il testo ha una rilevanza davvero importante ma ci sono anche pezzi in cui l’obiettivo principale è divertirsi e godere della musica come momento di stacco e forse è un punto di vista della musica che noi italiani dovremmo recuperare.

All’interno del disco ci sono pezzi di grande spessore: penso a ‘Passenger’ scritta da Jamie Hartman, autore tra gli altri di James Blunt, ‘Don’t get me wrong’ scritta con Dimitri Tikovoi, batterista dei Placebo, ma anche all’emozionante ‘Alba’ che chiude l’album. C’è un brano in particolare a cui sei maggiormente legata e/o che ha una particolare storia dietro?
Il brano a cui sono più legata è il primo dell’album, cioè ‘Acciaio’. Questo pezzo racchiude tutto quello che ho vissuto e che volevo essere. E’ un bel sound che però non entra in contrasto con il mio tipo di musica e poi mi piace molto l’immagine dei “fiori d’acciaio” perché è come un miglioramento di noi stessi: noi nasciamo come fiori, delicati e ognuno con delle proprie qualità particolari, però poi la vita ci rende più forti. E’ un po’ come Wolverine insomma, solo che a lui mettevano l’adamantio, io invece ho optato per l’acciaio perché mi piaceva più il suono (ride, ndr). Credo che un upgrade anche a livello di sound si senta in questo pezzo e devo dire che sono strabiliata dal fatto che questa canzone l’abbia scritta io, perché secondo me è bellissima (ride, ndr).

Prima Sanremo e subito dopo l’uscita del disco. Quali sono le speranze per queste due importanti tappe della tua carriera e quali invece i progetti per i mesi che verranno?
Le mie speranze per Sanremo sono che vengano capiti i pezzi, che io riesca a rappresentare il mio progetto nella maniera migliore possibile e poi soprattutto di divertirmi perché il Festival è un po’ stressante e quindi spero di riuscire a viverlo restando rilassata. Per quanto riguarda i progetti futuri, invece, ci sarà ovviamente un tour che partirà il 17 aprile dal Teatro degli Arciboldi a Milano e finirà il 23 maggio a Roma all’Auditorium della Conciliazione. Io sarò anche la produttrice musicale dei miei concerti e porterò in giro per i teatri d’Italia il disco e… speriamo bene!

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