David Chevalier: il doppiaggio, una passione di famiglia

David Chevalier

Qual è la ricetta per la buona riuscita di un prodotto cinematografico o televisivo straniero nel nostro Paese? Una trama appassionante? Certamente. Dei bravi attori? Chiaro. Una buona pubblicità? Probabile. Sicuramente però una componente fondamentale per fare in modo che l’ennesima produzione hollywoodiana o che la nuova entusiasmante serie TV americana possa affermarsi anche in Italia è il doppiaggio. L’arte del doppiare è molto simile a quella della recitazione perché grazie anche a delle specifiche scelte nell’impostazione della voce o di particolari tonalità si riescono a trasmettere emozioni che, accompagnate poi da una buona performance dell’attore sullo schermo, colpiscono lo spettatore. L’Italia è sempre stata patria di ottimi doppiatori. Tra le voci che negli ultimi anni risuonano sempre più spesso dagli schermi c’è sicuramente quella di David Chevalier. Romano, figlio di Roberto Chevalier (voce storica tra gli altri di Tom Cruise e Tom Hanks, ndr), lavora ormai nel mondo del doppiaggio da tutta una vita e ha dato la sua voce ad alcuni dei protagonisti di pellicole come ‘Thor’, ‘The Avengers’, ‘Twilight’ e ‘American Pie’, senza considerare le numerosissime serie TV come ‘Supernatural’, ‘Once upon a time’ e ‘One Tree Hill’, giusto per citarne alcune. Abbiamo contattato in esclusiva il doppiatore romano per parlare con lui del suo lavoro.

Com’è nata la tua passione per il doppiaggio? E’ stata una conseguenza del lavoro di tuo padre o pensi che sia stata una passione che sarebbe comunque maturata in te?
Io ho cominciato da bambino perché ero affascinato dal mestiere di mio padre e quindi ogni tanto lui mi portava con sé durante qualche turno. I ruoli dei bambini sono abbastanza scoperti e in genere vengono presi o da delle voci femminili oppure ogni tanto capita che si coinvolga il figlio di qualche doppiatore, e così è stato anche per me: mio padre mi chiese se volessi provare, mi divertii a farlo e quindi così, un po’ per gioco, iniziai. Continuai a lavorare ma durante l’adolescenza ci fu un periodo in cui non ero più sicuro di voler proseguire nella carriera di doppiatore, anche perché riuscire a conciliare lavoro e studio diventava difficile, e mio padre accettò e appoggiò comunque la mia scelta. Più avanti però nacque in me la passione per il cinema e ritornai anche ad apprezzare il doppiaggio che, in ogni caso, aveva fatto sempre parte della mia vita e così ricominciai partendo praticamente da zero. Successivamente mio padre, capendo che ormai ero deciso ad intraprendere questa strada, mi disse che era arrivato il momento del salto di qualità: iniziò a farmi studiare, insieme ad un altro ragazzo, facendoci lui lezione di dizione, impostazione della voce e quant’altro. Fino a quel momento avevo lavorato più che altro con lui o con altri direttori della sua stessa società, ma successivamente iniziai a farmi sentire in giro e quindi iniziarono a chiamarmi anche altri.

Quali pensi siano gli aspetti positivi e quelli negativi della carriera del doppiatore?
Ho iniziato 27 anni fa a fare il doppiatore e purtroppo devo dire che ho visto cambiare in peggio questo mestiere. All’epoca si curavano più i dettagli e c’era meno fretta, sicuramente anche per il fatto che la mole di lavoro era decisamente inferiore. La tecnologia ci ha aiutato a velocizzare il tutto però questa velocità che viene richiesta inevitabilmente va a discapito nostro e della qualità. Chiaramente mi piace molto doppiare perché ogni giorno fai qualcosa di diverso e ti metti sempre alla prova: ogni volta che entri in sala non sai mai cosa ti toccherà fare. Un altro aspetto un po’ negativo è il fatto che è un lavoro per certi versi incerto perché devi rimanere sempre a disposizione, visto che potrebbero chiamarti per un ruolo e poi in ogni caso si va a periodi: ci sono momenti in cui non hai particolarmente lavoro, perché magari non vai di moda ed è così purtroppo oggi; momenti in cui invece si ricordano tutti di te e inizi a lavorare 12-14 ore al giorno per mesi e mesi, senza avere più una vita. Diciamo che in questo senso non c’è una vera e propria via di mezzo (ride, ndr). Un altro aspetto negativo sono gli spostamenti: pensa che solo a Roma ci sono più di 60 studi quindi tante volte, nel corso della stessa giornata, devi andare da un posto all’altro e in città grandi come Roma non è esattamente facile muoversi. Quello che posso dire è che questo mestiere ti porta sicuramente ad una vita frenetica. In più possiamo aggiungere che, oltre al lavoro in sé, dobbiamo anche parlare noi con le società (non avendo agenti o intermediari) per concordare i turni e quant’altro, per non parlare poi della riscossione dei soldi! (ride, ndr).

Hai doppiato tantissimi personaggi di serie TV, tra questi anche Sam Winchester, protagonista della serie cult ‘Supernatural’, di cui ormai sei da più di 7 anni la voce italiana. Cosa ne pensi di questo personaggio e, al di là di questo, quanto pensi sia importante per un doppiatore prestare la voce per diverso tempo ad un personaggio così conosciuto e amato?
Sam Winchester è un personaggio che all’inizio era un po’ piatto perché aveva delle caratteristiche di base che lo vedevano più sensibile del fratello e anche più tormentato. Poi nel corso delle varie stagioni sono emerse tante sfaccettature e credo che si faccia man mano sempre più interessante. E’ un personaggio con cui sono cresciuto artisticamente e sono contento ogni volta che sono chiamato a prestargli la voce. In generale, credo sia una bella serie e anche quella è cresciuta parecchio stagione dopo stagione perché, a mio avviso, le prime due stagioni erano un po’ inferiori alle successive quando poi la serie è proprio decollata. Penso che, quando presti la voce ad un personaggio di un telefilm per tanto tempo, diventa quasi una seconda pelle, perché ti abitui a quel modo di recitare e quindi, quando capita che quell’attore fa un altro ruolo, lo conosci già bene. Ci sarebbe un discorso più grande sul fatto di mantenere sempre le stesse voci e io sarei favorevole perché credo che si debba dare una continuità alle voci degli attori e/o personaggi ma molti non la pensano così e quindi sembra che ormai “tutti sono la voce di tutti”.

Per quanto riguarda il doppiaggio cinematografico, di recente hai invece prestato la voce a Tom Hiddleston nel ruolo di Loki per i film della Marvel. Questo personaggio è stato molto apprezzato anche dal pubblico italiano e, se il merito va sicuramente alle doti di recitazione dell’attore, il successo può essere esteso anche a chi ha prestato la propria voce nella versione italiana. Ti è piaciuto doppiare questo personaggio e cosa ti ricordi di questa esperienza?
Personalmente credo che Hiddleston sia un grande attore; l’avevo già doppiato in altre occasioni, come ad esempio in ‘War Horse’ e in due serial televisivi tra cui una serie comica (‘Suburban Shootout’). E’ un attore straordinario, molto espressivo e preparato che riesce tranquillamente a passare da un registro recitativo a un altro e per me doppiarlo è un piacere. Nel caso specifico di Loki, mi è piaciuto molto doppiarlo perché è un ruolo che potremmo definire quasi shakespeariano, con un registro di recitazione abbastanza classico. Io ho conosciuto Tom Hiddleston durante l’anteprima di ‘The Avengers’ e in quell’occasione è stato molto simpatico. Mi ha chiesto di dirgli una frase in italiano del film e io gli ho risposto che noi non impariamo a memoria le varie parti nel doppiaggio. Allora lui si è fatto tradurre una frase e me l’ha recitata in italiano (ride, ndr). Quando l’ho conosciuto poi l’ho anche ringraziato, dicendogli che grazie alla sua bravura ed espressività rende il mio lavoro molto più facile, cosa che non succede quando ti tocca doppiare attori poco espressivi o meno bravi perché chiaramente devi legarti alla parte recitata e quindi non puoi esagerare nell’interpretazione con la voce. Con gli attori bravi, come Hiddleston, invece hai piena libertà di interpretare e magari puoi anche sperimentare qualcosa di nuovo.

Quale personaggio e/o attore ti sei divertito di più a doppiare e c’è un rimpianto professionale per una parte che non hai potuto ottenere?
Ultimamente quello che mi sono divertito di più a fare è stato senza dubbio Loki. Poi ogni tanto capita qualche film stimolante, anche d’autore: per esempio quest’estate ho doppiato un film danese, ‘A Royal Affair’, fatto davvero bene e ho doppiato l’attore protagonista che devo dire è stato davvero bravo. Mi piace avere questi ruoli perché trovo stimolante poter cimentarmi in situazioni nuove, diverse dai soliti ruoli. I rimpianti invece sono davvero tanti! Penso per esempio a ‘Il signore degli anelli’ in cui feci il provino per Sam oppure a ‘Indiana Jones’ in cui speravo di doppiare Shia LaBeouf, a cui avevo prestato la voce in precedenza, per non parlare de ‘Lo Hobbit’! Ma alla fine credo siano cose che succedono in ogni professione quindi va bene così (ride, ndr).

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