Basta un “amaro calamaro” e… l’amarezza va giù

Amaro calamaro

Sofisticato e intelligente, affronta un argomento antico quanto giovane: le coppie scoppiate, in crisi, che non vanno più, che si scambiano mosse d’amore protocollate, ma non sincere, che si pugnalano con l’acidità e lo sprezzo, camuffato da nervosismo momentaneo. Tutto va giù grazie al digestivo. “Amaro calamaro sapore ignaro”, scritto e diretto da Marcello Paesano, che interpreta uno dei quattro personaggi assieme a Valeria Panepinto, Sara Spelta e Max Zanuzzi, è una piacevole pièce teatrale che fa riflettere e lascia al pubblico interpretare alcune scene e battute. Mai scontato o banale. Regia ottima. Testo eccellente. Interpretazione naturale e reale. Funziona tutto. Musiche ben scelte.

Dall’attesa in sala accompagnata dal rumore delle onde del mare che sbattono sulla battigia, al rock incisivo che apre le scene, si comincia con i signori Sorrisini, marito e moglie, nel salotto di casa che si preparano all’arrivo degli ospiti: i Riserva, coppia di amici di scuola che stanno insieme da molti anni, ma che non sono ancora sposati, un po’ perché lui non crede in Dio e neanche nei sindaci. Il padrone di casa, Ettore, è ironico, cinico, spavaldo e sfoggia la sua ricchezza di famiglia. L’amico, Olando, è un impiegato che si accontenta del suo “posto fisso” che ha una compagna giovane e bella, Celeste, che fa la parrucchiera, tenera ma decisa e soprattutto coraggiosa nello scoperchiare una pentola bollente.

È la tipica situazione di una famigliola che si è già riprodotta. La figlia dorme quindi toni e volume delle voci devono essere rigorosamente tenuti bassi. Le solite scocciature che limitano la libertà del socializzare adulto. In arrivo c’è un altro bambino. La moglie Elena, infatti, è al settimo mese (non solo in scena ma pure nella vita reale) pertanto non beve il geniale nettare alcolico inventato dal marito e da suo nonno Benito: l’amaro al calamaro! Il marito invece beve, eccome, assieme a Celeste. I due erano stati insieme al Liceo. E forse la loro storia non è mai finita. Gradevoli i cambi di scena con una coppia che esce e l’altra resta. La curiosità di sapere cosa succede nelle altre stanze è tanta! La moglie è diventata una casalinga, momentaneamente. È in attesa non solo di partorire di nuovo a distanza di poco tempo dalla nascita del primogenito, ma attende anche di tornare a fare la star televisiva, a condurre il suo programma: “Una padella per tutti”. E in tv, trasversalmente, ci va a finire anche il marito con lo spot del suo amaro che recita parole antiche: “…all’alba di una nuova conquista, ovunque tu sia, Amaro Calamaro”. Si consolano così, pur non facendo sesso da 7 mesi, o giù di lì. Non sveliamo l’apice degli intrecci amorosi, inaspettati, tra disastri e danni, battibecchi e frecciatine, litigi e parapiglia, baruffe verbali e anche alzate di mani seppur controllate, gli strappi sono tutti divertenti. Si ride e si capiscono tante cose che si sanno già, ma che troppo spesso si ignorano, pensando che la cura e la soluzione al problema arrivi con il tempo.

Tutto è buono, tutto è bello, tutto è al posto giusto. Ma qualcosa non quadra, comincia ad andare storto e tutto, lentamente, cade. Eccezionale l’evoluzione dell’atmosfera, prima apparentemente serena, poi si sfascia, perde quota, precipita, si riprende, devia, sferza, parcheggia, si ferma, all’improvviso riscoppia e ricomincia a bollire finché arriva quel pianto straziante urlato, tanto temuto sin dall’inizio, facendo di tutto per reggere l’impalcatura di una serata tra amici che tanto complici non sono più e di raffreddare una “tensione fatta di detto e non detto”.

“Amaro Calamaro è un testo di follia. Un testo che rappresenta al meglio, e in maniera semplice e divertente, la vita quotidiana”, spiega il regista Marcello Paesano. “Non per le azioni che si compiono, ma per l’umana tendenza che sono sicuro tutti abbiamo su questa terra e in particolare nel mondo civilizzato: la tendenza a mentire. Mentire per nascondersi. Perché non si ha il coraggio di fronteggiare un problema di coppia. Perché si sente di avere il diritto di essere felici come gli altri. Perché si è convinti che la vita è stata troppo ingiusta nei propri confronti. Mentiamo continuamente, a estranei così come alle persone più care. Mentiamo per sopravvivere. Per quanto drammatica e forse tragica questa tesi possa sembrare, personalmente la trovo alquanto spassosa! La bugia, o la semplice voglia di dirne una o cento, è il seme delle complicazioni relazionali, dei conflitti. Che, letta nel giusto modo, può dar vita a una rete di interminabili sotterfugi. Come ogni bugia che si rispetti, la regola è renderla credibile”. E conclude commentando: “Nella vita, le parentesi che rimangono aperte sono tante e fin troppo della nostra esistenza rimane misteriosamente inspiegabile”. La storia della “famiglia felice” alla fine avrà anche un suo album fotografico live. Tanti applausi. E ne meritano ancor di più. Fino al 1 dicembre 2013, dal giovedì alla domenica, al Teatro Duse in via Crema a Roma.

  1. 1 commento a “Basta un “amaro calamaro” e… l’amarezza va giù”

  2. 1 Alice Spada scrive (18 Novembre 2013 alle 12:21):

    Davvero bello spettacolo ragazzi! Continuate cosi’.

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