Il silenzio è celeste. A Roma va in scena la vita di van Gogh

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Interessante l’associazione dei colori ai sentimenti, musica adatta, molto bello il testo, funzionano gli interventi registrati, piacevole la scenografia, ma non basta imparare la dizione, per giunta in alcuni punti calcata, per essere attori. E così, con qualche scivolata dialettale, l’attore pugliese Leonardo Losavio interpreta ‘Vincent, vita colori e morte di una follia’. Un monologo su alcuni pezzi della vita di van Gogh. Le paure del pittore olandese, i suoi sogni, la sua follia in un’ora di spettacolo, in scena fino al 29 settembre al Teatro Millelire di Roma.

La recitazione appare esasperata (la regia avrebbe dovuto modularla), troppo marcata, spesso piatta, rovina tutto e dove tenta di strappare una risata lascia perplessi. C’è chi mormorava tra il pubblico: ”È emozionato, è la prima. L’ho visto a maggio ed era efficace”. Ogni giustificazione è lecita, ma fa parte del gioco anche debuttare davanti a un pubblico nuovo ogni volta. Persino il cane del teatro, Ianto, che fa un po’ da ‘applausometro’ e corre sul palco a salutare gli attori a fine rappresentazione “solo però quando gli è piaciuto lo spettacolo”, come mi spiegarono i due direttori del teatro all’inaugurazione della stagione, questa volta non è andato.

A noi ha trasmesso angoscia. Poco è entrato e pochissimo è rimasto. Sarà stata la luna piena, sarà stata la giornata parzialmente nuvolosa, sarà stato che a noi non ha convinto. Ma siamo stati colpiti dal testo, quello sì. Quello è davvero ben fatto. “L’Arte rende egoisti e soli, innamorati di sé stessi”, dice il Vincent in scena, diretto da Roberto Galano, che la scorsa stagione aveva stupito il pubblico con Bukowski: “Il nostro legame è nato con uno sguardo, e poi le prime parole, e poi la sua vita, come un fiume che sborda oltre le mille pagine che non basterebbero a contenerla”, spiega il regista. “Vincent non è solo un pittore. Vincent è un uomo come pochi”.

Vincent van Gogh è un nome conosciuto, ma un uomo che pochi conoscono davvero. Un’icona della pittura per molti ridotta a poche immagini: quella dei girasoli o dell’artista pazzo che si è tagliato l’orecchio. Basterebbe soffermarsi sullo sguardo di uno dei suoi tanti autoritratti per capire che Vincent è molto di più. Nella pièce si raccontano i sogni, le delusioni, le paura di van Gogh. E attraverso le cornici che dominano la scena, a noi sono state trasmesse delusioni e paure, forse quel timido timore di non essere all’altezza di un capolavoro incompreso o che Vincent van Gogh non si possa emulare.

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