Leitmotiv, ‘A tremulaterra’ è il loro terzo album

copertina cd Leitmotiv

Cosa succede all’interno di una band quando un membro fondatore lascia? Come mutano le dinamiche nell’ambito del gruppo? Reagire per non soccombere è tutto quello che resta. Occorre adattarsi in fretta, modificare ciò che è preesistente per non far svanire il sogno. I Leitmotiv hanno subito una perdita importante quando era prossima la lavorazione del terzo album ‘A tremulaterra’. Lo split di Giovanni Sileno ha portato i pugliesi a fare di necessità virtù affrontando il nuovo corso con estremo pragmatismo. E le novità in seno al quartetto si notano, filtrate tra i solchi di un disco che rivela suoni più “regionali” che dal respiro world. Una direzione che ratifica l’attaccamento viscerale, già presente nei precedenti capitoli dei Leitmotiv, alla propria terra. Un orientamento chiaro sin dal titolo dell’opera, che sta per “senza sosta”, e che denuncia la voglia di misurarsi con l’arte musicale senza scontare battute di arresto lungo il cammino.

Forse anche per queste ragioni, ‘A tremulaterra’ va ascritto a una dimensione confidenziale, meno votata al combat folk esplorato in precedenza e all’inquietudine degli esordi. Non mancano accenni all’attuale situazione sociale (a partire da ‘Pecore’), ma la realizzazione in solitaria, senza l’ausilio di Amerigo Verardi – produttore dei precedenti ‘L’audace bianco sporca il resto’ e ‘Psychobabele’ – ha probabilmente spinto il combo a una riflessione più intima, sfociata in testi più introspettivi e componimenti più lineari. Passaggi sonori certamente più essenziali ma comunque distintivi, capaci di custodire un conio riconoscibile e personale, caratterizzato dalla pastosa interpretazione di Giorgio Consoli (voce), dalla ritmica intransigente sostenuta da Giuseppe Soloperto (basso) e Dino Semeraro (batteria), e dall’espressività flessuosa di Natty Lomartire (chitarra). Al filone “protest” si aggregano anche ‘Romeo disoccupato’, che intesse amore e crisi in un binomio sempre più condizionante ai giorni nostri, e ‘Les jeux sont faits’, che rinnega la dilagante accondiscendenza priva di dignità e invita all’opposizione attiva (“verranno i faccendieri la corte dei miracoli/ ignoreremo il tempo e i loro sporchi alibi/ pur sempre io e te/ la sfida è resistere”). Sul versante esclusivamente sentimentale si posiziona ‘Specchi’, ballata intimista dalle atmosfere fragili ed estatiche, perfettamente centrata sul dualismo tra voce e chitarra acustica. ‘La maravilla’ si produce in svincoli sonori che – finalmente – impattano contro una ruvidezza quasi rock e coinvolgono parole di disillusione, mentre ‘Controluce’ è tesa tra la riflessione raccolta e l’esuberanza festaiola. In questi estremi si proietta lo spirito indagatore dei Leitmotiv, che al brano affidano “una fuga dal reale”. Qui i ragazzi traducono “un folle inno alla libertà” in un riuscito amalgama di testo e musica abilmente trasposto in immagini nel videoclip realizzato dal regista Vincenzo Ardito.

A voler trovare a tutti i costi un difetto, più che altro un vizio di forma, si potrebbe segnalare la mancanza del brano trainante, della cavalcata esaltata da tensione punk (leggasi ‘La Flute Magique’ de ‘L’audace bianco’) o della ritmata canzone dai brucianti rimandi new wave (‘Perso’ da ‘Psychobabele’). Ma è ovvio che ogni disco fa storia a sé e che ogni nuova avventura discografica si snoda attraverso meandri che conducono a soluzioni dissimili dalle precedenti. Questa terza incisione dei Leitmotiv, in definitiva, ostenta un carattere non comune. Se a ciò si aggiunge anche la qualità delle arcinote performance dal vivo, non resta che elogiare l’audacia della band.

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