Sanremo, Simone Cristicchi: “Voglio dare una speranza a chi non immagina nulla dopo la vita”

Simone Cristicchi

Anche Simone Cristicchi, vincitore di Sanremo nel 2007 con il brano ‘Ti regalerò una rosa’, torna nella città dei fiori con i brani ‘Mi manchi’ e ‘La prima volta che sono morto’. Il secondo ha avuto la meglio nella scelta delle giurie. Il 14 febbraio è uscito il suo nuovo album di inediti ‘Album di famiglia’ in cui emergono temi personali e non. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui approfondendo meglio il discorso del nuovo progetto discografico.

Com’è nato il tuo nuovo album e di cosa parla?
Lo definisco un album a chilometri zero. E’ stato registrato, scritto e prodotto all’interno delle mura di casa mia, dove ho allestito un piccolo studio di registrazione. E le canzoni che ne fanno parte hanno quindi vissuto la quotidianità e l’intimità di una vita familiare: lo schiamazzo dei miei figli, il citofono che suona o il rumore dei piatti che vengono lavati. Ho abbandonato l’uso dell’elettronica e del rap, privilegiando invece una sonorità più antica e vicina agli anni ‘60.

Ci sono delle canzoni del tuo disco a cui sei particolarmente legato?
Senza dubbio sono due. La prima si intitola ‘Magazzino 18’, che racconta una pagina dimenticata dalla storia italiana, che riguarda la Seconda guerra mondiale e da cui è nato un progetto teatrale che prenderà inizio appena finito Sanremo. Il secondo brano, invece, è ‘Laura’, che in un primo tempo avevo presentato per partecipare a questo Festival, anche se poi mi è stato sconsigliato di farlo. E, con il senno di poi, credo di aver fatto bene a non portarla qui. E’ una canzone che vuole essere un omaggio a una grandissima attrice italiana, Laura Antonelli, e alla sua storia sfortunata.

Speravi passasse ‘Mi manchi’, ma non è andata così. Come mai preferivi questa canzone?
Confermo, e sono felice di dirti che proprio oggi mi hanno avvisato che molte radio e grandi network stanno passando questo brano, nonostante non sia andato avanti nella gara. Ci sono particolarmente legato perché mio figlio Tommaso, di cinque anni, è stato il suo primo estimatore e di conseguenza lo avevo un po’ nel cuore e l’emozione nel cantarla la prima sera lo ha testimoniato chiaramente.

Prima del Festival hai portato in teatro un pezzo di storia italiana con lo spettacolo ‘Li romani in Russia’. Cosa hai portato di questo tour teatrale all’Ariston?
Guarda, nella canzone ‘La prima volta che sono morto’ c’è un riferimento al nonno partigiano e mostro un lato più vicino al mondo di Gaber e Jannacci e a quel tipo di canzone vero a cui noi dobbiamo essere debitori. Tempo fa ho fatto una ricerca che ha portato alla pubblicazione del libro ‘Mio nonno è morto in guerra’, uscito a maggio, e si è trasformato in questo spettacolo teatrale con cui sono tutt’ora in tournée.

Ti senti soddisfatto dai primi riscontri che le tue canzoni sanremesi stanno ricevendo?
Mi ritengo tanto soddisfatto. E questo lo vedo dai messaggi e dalle mail che sto ricevendo in questi giorni. Forse il messaggio più bello è quello di una signora che ha perso il marito mesi fa e mi ha detto che ha immaginato che suo marito stia vivendo una nuova vita, anche se lontano da lei. E’ l’aver dato questi brividi, queste emozioni, che mi rende decisamente soddisfatto. Con la mia canzone voglio dare una speranza a chi magari non immagina nulla dopo la vita.

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