‘Non è mai troppo tardi’, un titolo programmatico per i Bisbetica

Non è mai troppo tardi, per un musicista, pubblicare un album con brani propri, e ‘Non è mai troppo tardi’ è il titolo, decisamente programmatico, dei Bisbetica, band sulla breccia da oltre dieci anni, formata da Osvaldo Bianchi, Marco Pizii e Gino Russo. Finalmente una realtà con alle spalle centinaia di concerti e di cover ‘bisbetiche’, dà alla luce il suo primo lavoro inedito, un disco di rock diretto e contraddistinto da vari colori testuali e musicali. Non si tratta però di rock scontato o mainstream, come accade spesso in molti dischi autoprodotti o ancor peggio sostenuti da grosse case discografiche: il lavoro dei Bisbetica è piuttosto originale, insomma c’è poco di “già sentito” o di “è simile a”, anche in virtù delle vaste esperienze musicali di ciascun membro della band.

Le storie scritte e cantate da Bianchi catturano da subito l’attenzione, la sua voce, a volte sussurrata, a volte urlata, riesce a descrivere bene l’atmosfera che caratterizza ogni singolo brano, la metà dei quali è stata scritta assieme agli altri membri della band. La chitarra di Pizii è presente sempre al momento giusto, corposa e gradevole ma mai invadente, a tratti richiama alla mente il sound dei Pearl Jam; il drumming di Russo è preciso e poderoso, spicca nel modo giusto e dà all’album la giusta rotondità. Un mix di suoni ben calibrati e registrati (qua e là compaiono anche un piano e una tromba) che danno un forte impatto già dal primo ascolto. E’ la compattezza dei brani che colpisce subito in “Non è mai troppo tardi”, il suono arriva diretto e le storie raccontate catturano l’immaginazione.

I protagonisti dei singoli brani, oscillando tra nonsense e vita quotidiana, sono a volte soli, altre disperati, infine lucidi nel cogliere i frammenti di quotidianità che gli si pongono davanti. “Ieri ho visto un cane” prende le mosse da scene di un rapporto di coppia e finisce con l’analizzare in modo crudo aspetti della società moderna, “Happy birthday Tetsuya”, parla tristemente di un protagonista “solo nel giorno del suo compleanno, il primo da quando è stato licenziato”. “Romina” cambia registro lirico e musicale, ed è un colpo di rock ben assestato sia alle orecchie che al cervello, con Bianchi che urla di una ragazza che si è svegliata “e niente è come prima”, si è alzata ed ha fatto una rapina. Il sound cambia nuovamente con “Io e Pietro”, storia di gente costretta a scappare clandestinamente, o perché immigrati o perché nei guai con la legge. Si arriva così a “Il montgomery”, una sorta di confessione, forse il pezzo migliore dell’album, che da un intro semi-acustico sfocia in un ritornello micidiale (“Abituatevi all’amore, come fa il mare al sale”).

Le canzoni dei Bisbetica mescolano, da un lato, il rock ad una sorta di cantautorato molto personale, che a tratti sembra quasi autobiografico, dall’altro inventano soluzioni ritmiche e sonore davanti alle quali è difficile restare fermi e non ballare, come “Supershock banana”, cantata da Pizii. C’è spazio anche per una sorta di divertissement, alla fine del disco, con due brani, “You and me” e “I like a dance”, il primo che sembra fatto apposta per un party, il secondo nato da uno dei tanti soundcheck della band (esilarante tra l’altro l’introduzione, in cui un improbabile e fantomatico dj di “Radio Foca” presenta il gruppo). Il disco è stato prodotto e arrangiato dai Bisbetica, registrato da Enrico Mambella e missato da Fabio Magistrali (già al lavoro con Perturbazione e Marta sui tubi): vale la pena ascoltarlo, ma soprattutto vedere la band in uno dei suoi coinvolgenti live, nei quali stanno attualmente proponendo già nuovi pezzi non inclusi nell’album, e che forse troveranno spazio in futuro. L’impatto è assicurato.

Mi dispiace, i commenti per questo articolo sono chiusi